Lo scenario per i mercati obbligazionari si è complicato parecchio, più di quanto si aspettassero gli investitori. L’economia globale, infatti, si sta di nuovo frammentando: negli Stati Uniti ogni accenno di rallentamento viene neutralizzato prontamente dalle statistiche sui consumi e sul mercato del lavoro, ancora tonici; in Europa e in Cina, invece, i segnali di frenata sono evidenti. La conseguenza è che i bond (i titoli di debito) degli Stati Uniti e dell’Europa subiscono spinte contrarie.
In Europa un punto in un anno
I bond europei dovranno fare i conti con i tassi di interesse ancora in calo per sostenere l’economia: il mercato stima una riduzione fino al 2,4% entro il primo semestre del 2025 rispetto al 3,4% attuale e ciò significa che ci saranno flussi in acquisto sulle obbligazioni già in circolazione, sia perché offrono ritorni più elevati di quelle in emissione, sia perché se l’economia rallenta gli investitori si spostano sulle attività considerate più difensive. I Governi europei, inoltre, devono rientrare da deficit eccessivi e dunque, operano manovre restrittive che riducono l’offerta di debito e che provocano pressioni al rialzo sulle quotazioni.
Fed meno generosa nel taglio dei tassi
Viceversa, i bond Usa hanno meno probabilità di apprezzarsi in seguito al taglio dei tassi: la Federal Reserve potrebbe effettuare allentamenti molto graduali del costo del denaro, che adesso è al 5%, visto che non c’è bisogno di sostenere la crescita. Anzi, il rischio maggiore è che l’inflazione faccia di nuovo capolino. In aggiunta, entrambi i candidati alle elezioni americane del 5 novembre prossimo hanno budget che gonfiano il deficit e il debito pubblico e che, quindi, pesano sui prezzi delle obbligazioni, anche solo per una questione di offerta abbondante. Tra l’altro, torna alla ribalta la probabilità di una vittoria di Donald Trump, che è risalito nei sondaggi e che promette tagli di tasse e spese senza troppi vincoli. Le stime, infatti, tracciano una linea esponenziale del debito e del deficit, che attualmente sono, rispettivamente, a 1.800 miliardi e a 27.000 miliardi di dollari, su un Pil di 29.000 miliardi.
Lo scenario sulle due sponde dell’Oceano
Bisogna, però, vedere quanto il divario tra emissioni europee e statunitensi possa allargarsi. Il mercato obbligazionario americano condiziona tutti gli altri e, finora, le principali banche centrali sono sempre andate nella stessa direzione dei tassi, sebbene non sempre all’unisono. Anche perché sarebbe difficile per l’Europa tenere a lungo in equilibrio crescita, costo del denaro e inflazione in una fase di rallentamento, se nello stesso momento l’economia degli Stati Uniti l’economia continuasse a correre e si dovesse creare un ampio differenziale dei rendimenti.
Gli Usa aprono la strada
Nelle ultime sedute di Borsa i rendimenti dei titoli Usa hanno dettato il passo al mercato internazionale e, siccome sono saliti, per via dell’euforia sulla crescita che allontana la necessità di tagli dei tassi, si sono portati dietro anche i rendimenti europei, in barba alle attese di un altro punto percentuale di sforbiciata ai tassi nel Vecchio Continente. Anche i rendimenti dei titoli di Stato italiani sono saliti e quello del BTp decennale che nei primi due giorni della scorsa settimana è aumentato dal 3,36% al 3,55%.