Ci sono campagne che lasciano il segno, anzi l’impronta. Allargando la portata sociale dei brand. È quanto è successo a New York con cento elefanti disseminati nel cuore della Grande Mela. L’installazione Great Elephant Migration mostra pachidermi a grandezza naturale realizzati con una pianta invasiva che danneggia gli habitat locali. Le creazioni del collettivo The Coexistence sensibilizzano sul ripristino degli ecosistemi e sulla coesistenza dell’uomo con la fauna selvatica. Schierarsi per l’ambiente una zampata alla volta, restando in metafora. In fondo è ciò che fa il marketing contemporaneo, che talvolta prende posizione sulle grandi questioni, diventando catalizzatore sociale. Oggi gli steccati del passato che vedevano nelle organizzazioni muri impenetrabili tra interno ed esterno e tra diverse funzioni aziendali stanno cadendo sotto il peso di una contemporaneità che bussa prepotentemente alla porta. Così le aree marketing e comunicazione, in passato ben definite e divise, diventano un unicum incentrato sul capitale narrativo delle aziende che diventa anzitutto capitale reputazionale. Saltano le barriere e si abbattono i silos in direzione di una funzione integrata e strategica. Di riflesso, nelle aziende cambiano pesi e contrappesi, con ruoli e organigrammi che si adattano, incidendo sulle funzioni apicali che orientano il business. La coppia marketing e comunicazione assurge così ad un ruolo più strategico, grazie ad una spendibilità politica che ne ridefinisce il perimetro.
Rilevanza politica
«Negli ultimi anni abbiamo assistito al consolidamento del processo di legittimazione sociale del marketing. La società ne ha accettato il valore funzionale non solo in quanto tecnica, ma anche in quanto approccio culturale e postura collettiva. Il marketing ha allargato e allungato la sua presenza in molti ambiti, a partire dalla politica e dalle istituzioni. Questa consapevolezza le ha conferito una nuova e più incisiva rilevanza sociale», afferma Francesco Giorgino, professore di comunicazione e marketing, direttore del master in comunicazione e marketing politico e istituzionale all’Università Luiss e autore di “Manuale di comunicazione e marketing” per Luiss University Press, da oggi in libreria. Dal valore transazionale tra acquirente e venditore ci si sposta verso quello relazionale tra brand e cittadino. «Il marketing deve fare i conti con il fatto che il bisogno di qualcosa o di qualcuno non è più l’unico driver per gli acquisti di beni e servizi. Emerge una chiara manifestazione dell’agire sociale all’interno di mercati diventati luoghi di conversazione tra marchi e cittadini. Se facciamo coincidere la politica con l’attività di deliberazione pubblica e di valutazione degli effetti decisionali sulla collettività, dunque con la policy, è agevole riscontrare che le aziende diventano protagoniste della sfera pubblica mediata. La postmodernità amplifica il loro ruolo, le eleva a rango di policy maker, le colloca in una dimensione più ampia, sistemica, proiettiva», argomenta Giorgino, che è anche direttore di Rai Ufficio Studi e conduttore del programma XXI Secolo su Raiuno.
Nuovi leader sociali
«Oggi l’azienda non solo fa politica, ma risponde alle sfide sociali posizionandosi rispetto al purpose. Guarda a ciò che accade all’esterno, si interroga sui sistemi di welfare, si colloca come attore sociale. Emerge una consapevolezza forte: le organizzazioni non sono più soltanto luoghi di trasformazione del valore finanziario, ma accompagnano la società nelle sfide sociali. È lo stakeholders capitalism che spinge gli investitori ad assumere un ruolo da attivista, prendendo posizione sui temi del momento. Siamo in una fase di transizione e il ruolo delle aziende non è più confinabile alla mera azione finanziaria», afferma Paolo Boccardelli, Rettore dell’Università Luiss e tra i massimi esperti di economia e gestione delle imprese. Dall’organizzazione a coloro che la guidano. «In ballo c’è la ridefinizione di un nuovo ruolo di leadership che si interroga su ciò che accade al di fuori dei confini dell’azienda e ne restituisce senso. Comunicare diventa una competenza strategica in tutte le realtà e non si lega soltanto a prodotti e servizi, ma anche alla funzione di quei leader aziendali che hanno la necessità di avviare un percorso chiaro di storytelling, esprimendo valori e posizioni definite. Certamente cambiano gli stili e le intonazioni, ma ormai tutti entrano nel merito di tematiche politiche, legandosi agli accadimenti del tempo e provando ad incidere di più», precisa Boccardelli.
Manager e funzioni
È così che il marketing diventa qualcos’altro, evolvendosi in direzione di un’ibridazione interna che si interroga su ciò che accade all’esterno. Decodificare questa complessità è indispensabile. «È stata la presa d’atto della centralità dell’attivismo di marca a spingere i manager verso la contaminazione di contenuti e soluzioni strategiche tra comunicazione e marketing. Se quest’ultimo continua a trasformarsi in strumento politico nel senso lato del termine, allora diventa necessario intraprendere un percorso diverso dal passato, anche dal punto di vista delle competenze manageriali. Le realtà più lungimiranti devono porsi con urgenza il problema della creazione dentro le proprie aziende di un coordinamento reale e concreto della funzione marketing e comunicazione con logiche di unificazione e di cogestione delle dinamiche di creazione e monitoraggio del valore. Bisogna aiutare i consumatori a trovare il senso delle proprie azioni e a consolidare orientamenti, credenze, aspirazioni. Ma un conto è ricercare hype per ragioni commerciali, altro è farlo per convinzione e per attitudine», conclude Giorgino. La differenza sta tutta qui: nel tempo dell’autenticità, il discrimine tra successo o insuccesso passa dal grado di consapevolezza maturata dall’organizzazione. Questione di coerenza, oltre che di coraggio.