«Prepariamoci perché, se confermate, con queste misure in Manovra il mondo del cinema e dell’audiovisivo in Italia si avvia a crisi certa. Sono a rischio decine di migliaia di posti di lavoro». Alessandro Usai, presidente Anica, l’associazione che rappresenta le imprese della filiera cineaudiovisiva, considera l’intervento sul Tax credit alla produzione per cinema e audiovisivo – taglio di 190 milioni nel 2026 e di 240 dal 2027 per il Fondo per il cinema e l’audiovisivo e lo stop allo “splafonamento” sugli anni successivi – un colpo letale per il settore. «Con le altre associazioni stiamo ora chiedendo un incontro urgente al Governo. Partire con i tagli da gennaio 2026 farà scappare i produttori esteri e metterà in difficoltà insostenibili i produttori italiani. Una filiera industriale che è cresciuta molto e che per anni ha creato occupazione e introiti per lo Stato ora rischia il crollo».
Beh, però sullo splafonamento è dal 2024 che l’ex direttore della Dg Cinema e audiovisivo Nicola Borrelli metteva in guardia.
Il credito d’imposta per il cinema e l’audiovisivo non è il Superbonus 110%. Qui lo Stato copre al massimo il 35% o il 40% dei costi, con un’aliquota media del 32%. Questo significa che a fronte di 1,4 miliardi di credito pubblico, stando alle cifre pubblicate da voi de Il Sole 24 Ore, ci sono 4,3 miliardi di risorse private investite. Quel 68% mancante. In totale, quindi, si parla di 5,7 miliardi di produzione audiovisiva tracciata, tassata. È un moltiplicatore economico, non una spesa a fondo perduto».
Ma, senza correttivi, come abbiamo scritto ci sono 1,4 miliardi di sbilancio.
Ricordo che lo Stato riconosce il Tax credit a opera finita, controlli effettuati, certificazioni dei costi sostenuti, fatture emesse e pagate. C’è sicuramente da considerare uno scarto che dipende dal fatto che molti progetti poi non partono, oppure che costano meno di quello che, preventivamente, in maniera cautelare viene dichiarato. Comunque spesso ci si dimentica di un particolare.