Microsoft ha annunciato Muse, un nuovo modello di intelligenza artificiale generativa destinato al settore dei videogiochi. Non è la prima volta che viene usata l’IA per generare, potenziare o sviluppare una nuova generazione di videogiochi. Ci sta provando per esempio Google con DeepMind, che ha presentato Sima, una nuova intelligenza artificiale in grado di imparare a eseguire un’ampia serie di azioni in un gioco e adattarle poi ad altri titoli. Genie, sempre di Google, è un’IA in grado di creare universi giocabili, ovvero videogiochi, partendo semplicemente da immagini o testo.
Nvidia lavora a personaggi dei videogiochi guidati dal computer, animati dall’IA generativa e quindi in grado di discutere e interagire come con ChatGPT. Ma, al tempo stesso, con Project G-Assist sta studiando un assistente virtuale in-game basato su intelligenza artificiale per aiutare i giocatori durante le partite.
Nei giorni scorsi, Microsoft ha presentato sulle pagine del Microsoft Research Blog Muse, un modello IA in grado di generare sequenze di gameplay di diversi minuti partendo da brevi clip di soli 10 frame. Il WHAM (World Human Action Model) di Muse è progettato per supportare gli sviluppatori nella creazione di esperienze di gioco, utilizzando l’IA per generare ambienti e meccaniche basate su dati reali. Il modello è stato testato utilizzando Bleeding Edge, un vecchio titolo multiplayer dello studio.
Il prototipo è ancora molto limitato, ma permette di comprendere quanto potrebbe essere devastante e al tempo stesso rivoluzionaria l’introduzione dell’IA in un settore creativo e altamente tecnologizzato come quello dei videogiochi. Come ha dichiarato Satya Nadella, questo modello di IA potrebbe essere usato per creare nuovi videogiochi, offrire strumenti per le mod e quindi personalizzarli, con un impatto ad oggi non quantificabile sul mercato del lavoro e dello sviluppo. Secondo il ceo di Microsoft l’aspetto più entusiasmante è il fatto che presto avremo un «catalogo di titoli su cui inizieremo a utilizzare questi modelli: li alleneremo perché siano in grado di generare dei giochi e poi cominceremo a giocarci».
Le potenzialità sono stupefacenti e rivoluzionarie. Forse anche troppo, tanto che gli addetti ai lavori—game designer, level designer, 3D artist, insomma gli sviluppatori—non amano discutere troppo di intelligenza artificiale. E non solo loro. L’industria del videogioco non sta vivendo i suoi anni migliori. Con la nuova generazione di console e il consolidarsi su smartphone del successo del gaming, si cerca un equilibrio tra budget insostenibili per lo sviluppo di titoli e un generale rallentamento della crescita delle macchine da gioco.