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Spetta «al circuito democratico della rappresentanza popolare la scelta politica di prevedere, in conformità della disciplina europea, un regime differenziato di esame delle domande di asilo per gli stranieri che provengono da paesi di origine designati come sicuri». E dunque il giudice «non può sostituirsi al ministro degli Affare Esteri» né «può annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale». Tuttavia il giudice «può valutare la sussistenza dei presupposti di legittimità di tale designazione, ed eventualmente disapplicare in via incidentale, in parte qua, il decreto ministeriale recante la lista dei paesi sicuri». È quanto afferma una sentenza della prima sezione civile della Corte di Cassazione rispondendo ad un rinvio pregiudiziale del tribunale di Roma del primo luglio scorso.

Un provvedimento che fa dunque riferimento alla normativa in vigore prima che il governo approvasse, ad ottobre, il nuovo decreto con la lista sui paesi sicuri e sul quale dovrà pronunciarsi sempre la Cassazione: l’esecutivo ha infatti fatto ricorso contro le mancate convalide dei trattenimenti dei migranti, comprese quelle nei centri in Albania. Nell’udienza che si è tenuta nei giorni scorsi, il Pg ha chiesto di sospendere il giudizio sulla questione in attesa che si pronunci la Corte di Giustizia dell’Unione Europea e i giudici devono depositare la loro decisione.

Nell’attesa di capire quale sarà la lettura, i giudici, in riferimento ad un’altra vicenda che riguardava un migrante, hanno comunque indicato dei punti fermi. «Nel ribadire che il giudice ordinario è il garante dell’effettività, nel singolo caso concreto al suo esame, dei diritti fondamentali del richiedente asilo», spiega infatti la suprema corte, «è riservata al circuito democratico della rappresentanza popolare la scelta politica di prevedere, in conformità della disciplina europea, un regime differenziato di esame delle domande di asilo per gli stranieri che provengono da paesi di origine designati come sicuri».

«Il giudice ordinario – prosegue la Corte – quindi, non può sostituirsi al Ministro degli affari esteri. Non può neppure annullare con effetti erga omnes il decreto ministeriale». Il giudice può, però, «nell’ambiente normativo anteriore» all’ultimo decreto legge del governo, «in sede di esame completo ed ex nunc, valutare la sussistenza dei presupposti di legittimità di tale designazione, ed eventualmente disapplicare in via incidentale, in parte qua, il decreto ministeriale recante la lista dei paesi sicuri (secondo la disciplina ratione temporis), allorché la designazione operata dall’autorità governativa contrasti in modo manifesto», tenuto conto dell’articolo 37 della direttiva 2013/32/UE, «con i criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea o nazionale».

Ed inoltre, concludono i giudici della Corte, «a garanzia dell’effettività del ricorso…il giudice conserva l’istituzionale potere cognitorio…là dove il richiedente abbia adeguatamente dedotto l’insicurezza nelle circostanze specifiche in cui egli si trova. In quest’ultimo caso, pertanto, la valutazione governativa circa la natura sicura del paese di origine non è decisiva, sicché non si pone un problema di disapplicazione del decreto».

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