Il comico ha parlato in modo molto netto al BSMT di un tema molto delicato in questo momento storico: “Non è vero che c’è il politicamente corretto, è cambiata la società”.
Max Giusti sta vivendo un momento della sua carriera particolarmente luminoso. Non solo il percorso da conduttore, ma anche il fortunato ritorno nelle vesti di imitatore con la Gialappa che, nelle ultime stagioni, gli ha consentito di rimettere a lucido le sue qualità migliori. Giusti è stato ospite del BSMT di Gianluca Gazzoli ripercorrendo le fasi principali della sua carriera, ma concentrandosi anche sull’attualità e, in particolare, su un tema spesso legato al fare comicità oggi. “Mi sono rotto le palle di sentire quelli che dicono che non si può più lavorare perché c’è il politicamente corretto”, ha detto Giusti, riferendosi ai cambi di alcuni paradigmi culturali che hanno inciso sulla sensibilità comune, comportando effetti divisivi.
Le parole di Max Giusti sul politicamente corretto
Giusti però è molto decido su questo punto e critica chi nel suo mondo si approccia alla comicità di oggi con tono critico e il disfattismo del non si può dire più niente: “Molto spesso quelli che lo dicono sono quelli che pretendono ancora di usare in un film, una commedia, lo stesso linguaggio che si usava negli anni Ottanta-Novanta. Ora, tu non puoi rimpiangere quel linguaggio là, perché se ancora nel 2025 pretendi di far ridere le persone offendendo gli altri per il gusto sessuale per il colore della loro pelle, per il loro aspetto fisico o provenienza, sei un coglione“ .
“Il mondo cambia, non si può far ridere come negli anni Ottanta”
Giusti ha proseguito spiegando a Gazzoli: “Il mondo cambia, ci sono delle vittorie, delle conquiste sociali. Io faccio uno spettacolo di due ore molto diretto, però non si offende nessuno. Penso che probabilmente, se non sei in grado di metterti in discussione, evolverti rispetto al mondo che ti circonda, non sei contemporaneo. Poi io penso che si possa dire tutto e veramente non offendere nessuno. Spesso quando si parla di minoranze, spesso sono proprio le persone che ne fanno parte ad essere autoironiche, accettare di più la critica. L’unica cosa è come la fai, in che contesto la fai e come la racconti, forse bisogna ingegnarsi di più”. Ed ha concluso: “Se prima per fare una cosa bastavano tre ore, ora per scriverla ce ne vogliono dieci. Ma è il tuo lavoro, se non ti evolvi sei fuori dal mondo e se lo sei come fai a raccontare quello che c’è attorno a te tutti i giorni?”.
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