Storie Web venerdì, Giugno 20
Notiziario

L’Italia della meccatronica è una delle più solide certezze della nostra economia. Un settore trasversale, che si incrocia con comparti tradizionali della nostra industria, come l’automotive, il farmaceutico e l’alimentare, o fortemente innovativi, come l’aerospaziale e il medicale. Parliamo di un bacino produttivo che annovera oltre 49mila imprese, capaci di generare nel 2024 un valore complessivo di 367 miliardi di euro e di dare lavoro a oltre 900mila addetti. Ma di questi tempi, anche le certezze vanno riviste alla luce di una situazione globale fortemente perturbata da dazi, guerre e tensioni globali.

La battuta d’arresto dell’export

È su questo stato di incertezza permanente che si è concentrato il Centro Studi Antares, ogni anno chiamato da Unindustria Reggio Emilia a stilare il rapporto sulla meccatronica italiana. Lorenzo Ciapetti, che dirige il centro e coordina l’indagine, ci anticipa alcuni contenuti dell’edizione 2025, intitolata “Lo stato della meccatronica 2025 – Tra innovazione e sovranità tecnologica”. Uno dei dati più evidenti, dice, “è che, per la prima volta dopo anni, nel 2024 la meccatronica italiana ha fatto segnare una battuta d’arresto nell’export, calato del 4,3%, più ancora rispetto alla media nazionale del -1,5%. È il segnale che la ripresa post-pandemica è finita e che siamo entrati in una nuova fase: da un lato, gli Stati Uniti, con le loro politiche di dazi, potrebbero ridurre la nostra quota di export; dall’altro la Cina, è ormai in grado di realizzare prodotti finiti di alta qualità, e di competere direttamente con i nostri”.

Ciapetti: «Investite nel digitale»

L’Italia esporta valore meccanico verso Occidente, ma importa il cuore elettronico dai paesi asiatici. Si pone quindi un tema di sovranità tecnologica: “Le nostre imprese assemblano valore sofisticato, ma restano dipendenti da input esterni critici”, osserva Ciapetti. “Serve una riflessione su come attuare un reshoring selettivo, diversificare i fornitori, investire a livello nazionale nei settori digitali. E, soprattutto, su come accelerare l’innovazione”.

Intendiamoci: la meccatronica italiana è solida e articolata e non abdica al suo ruolo trainante per l’industria italiana. Rispetto alle innumerevoli tipologie di oggetti e sistemi prodotti, il rapporto Antares ha individuato 18 “piattaforme-prodotto”, classificate per affinità tecnologica e funzionale, e afferenti a tre domini principali: i veicoli terrestri e la mobilità (che da soli rappresentano il 39% del valore prodotto), le piattaforme industriali ad alta complessità, come aerospace, fluidodinamica, sistemi embedded, biomedicale, e la meccanica strumentale tradizionale, che riguarda cioè la produzione di macchine utensili e di automazione industriale. In questi ambiti, la produttività media annua per addetto può variare sensibilmente, dai 102 mila euro dell’aerospace ai circa 70 mila euro di piattaforme mature come elettrodomestici e agrimeccanica. “Una polarizzazione che evidenzia”, nota Ciapetti, “come le imprese a più alta intensità tecnologica siano anche quelle meglio posizionate per affrontare le transizioni in corso, dal digitale alla sostenibilità”.

Insomma, molte aziende della meccatronica conservano una spiccata propensione all’innovazione. Ma il quesito, di fronte a una situazione globale mutevole, è se questa capacità è sufficiente. La dimensione delle aziende italiane del settore potrebbe costituire un limite. “È diffusa l’idea”, dice Ciapetti, “che le PMI non siano più in grado di tenere i passo da sole e abbiano bisogno di aiuti esterni. Con l’indagine di quest’anno abbiamo voluto verificare la situazione”. Il primo passo è stato verificare la capacità innovativa delle nostre imprese, entrando proprio al loro interno per studiarne le dinamiche. «Lo abbiamo fatto con quattro aziende reggiane, non grandi, ma con bilanci solidi, e abbiamo potuto riscontrare il loro dinamismo, che non si basa più, come un tempo, soltanto sul prodotto, ma anche su una cultura organizzativa più aperta. Le pmi meccatroniche moderne dialogano con le altre aziende del settore, collaborano con l’università, sono aperte al cambiamento. Questi sono i fattori che consentono loro di restare competitive». Dall’esperienza, oltre alle valutazioni per il rapporto, è scaturito anche un libro, “Il posto dell’innovazione” (Edizioni Lavoro), scritto a quattro mani da Ciapetti con Giuliano Nicolini, esperto in organizzazione e strategie del cambiamento.

Condividere.
© 2025 Mahalsa Italia. Tutti i diritti riservati.