Nell’immediatezza dei fatti la donna disse che il piccolo era caduto dal letto ma per i medici c’erano i segnali della sindrome del bambino scosso. La madre è stata ora condannata dal Tribunale di Rovigo a otto anni di reclusione,
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“È caduto dal letto”, così una donna si era giustificata davanti agli inquirenti dopo la morte in casa del figlioletto, un neonato di appena tre mesi, deceduto in conseguenza di un grave trauma cranico. Secondo gli inquirenti e il giudice del Tribunale di Rovigo, però, in realtà non vi era stata nessuna caduta del piccolo ma una violento scuotimento da parte della madre che ha portato alla sua morte.
Per quei fatti, risalenti all’estate del 2023, ora la 39enne rodigina è stata condannata dal Tribunale di Rovigo ad otto anni di reclusione per il reato di omicidio preterintenzionale aggravato. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, la donna avrebbe scosso violentemente il piccolo in uno scatto di ira provocandogli lesioni che si sono rivelate mortali.
Quel giorno la donna era in casa da sola col piccolo e l’altro figlio maggiore quando si sono consumati i fatti mentre il merito era al lavoro. Il neonato era stato poi accompagnato in pronto soccorso dove era arrivato in condizioni molto gravi e quindi trasferito in elicottero all’ospedale di Padova. Qui fu ricoverato in terapia intensiva ma, nonostante gli sforzi dei medici, il piccolo era poi morto una decina di giorni dopo.
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Nell’immediatezza dei fatti la donna disse che il piccolo, nato prematuro e affetto da una rara patologia, era caduto dal letto ma per i medici c’erano i segnali della sindrome del bambino scosso. Il referto, infatti, aveva evidenziato sul bimbo ‘traumatismi cerebrali e midollari con encefalopatia ipossico- vachemica’, compatibili con le dinamiche tipiche della sindrome del bambino scosso con trauma cranico abusivo. Dopo i riscontri dell’autopsia, la Procura di Rovigo aveva confermato il collegamento dei traumi osservai sul piccolo e lo scuotimento e la donna era stata arrestata. Per lei ora la condanna con l’aggiunta dell’interdizione e della sospensione della responsabilità genitoriale