Storie Web lunedì, Maggio 20
Notiziario

Gabriele Marchesi, il coindagato di Ilaria Salis e ai domiciliari in Italia, deve essere consegnato e deve stare in carcere in Ungheria. Questa la risposta fatta pervenire dalla Procura di Budapest alla Corte d’Appello di Milano, che aveva chiesto alle autorità ungheresi di verificare la possibilità di “strumenti” alternativi al mandato d’arresto europeo, come i domiciliari in Italia, sospendendo la consegna. Solo con la “sua consegna e l’arresto”, scrive la Procura dell’Ungheria, “sarebbe possibile garantire” che Marchesi “sia a disposizione delle autorità” e sia presente in particolare “agli atti procedurali”.

Nel documento, una pagina e mezzo, firmato da un pubblico ministero della Procura di Budapest e arrivato alla Corte d’Appello milanese tramite il Ministero della Giustizia italiano, si sottolinea che la pena prevista per l’imputazione a Marchesi, accusato di lesioni aggravate “potenzialmente letali”, per aver aggredito dei neonazisti a Budapest poco più di un anno fa, in concorso con Salis, è “tra i due e i 24 anni” di carcere. Una pena che, per i magistrati ungheresi, “costituisce di per sé il rischio di fuga e di clandestinità” per “un autore che non ha legami con l’Ungheria”. Una persona che, quando era “ricercata”, è “partita per un luogo sconosciuto, dopo aver commesso il reato”.

Secondo l’Ungheria, inoltre, la “sua effettiva dimora” e i suoi “mezzi di sussistenza” in Italia “sono sconosciuti”. Da lui, insiste la Procura di Budapest, “non ci si può aspettare l’osservanza spontanea delle norme, che sarebbe condizione fondamentale per l’applicazione di una misura coercitiva meno severa dell’arresto”. L’arresto e la custodia in Ungheria di Marchesi sono “ragionevoli” perché “è emerso un fondato sospetto” che il giovane appartenente all’area anarchica “abbia commesso tre volte il tentato reato di lesione personale potenzialmente letale”, di cui una “come coautore” e due “come complice”, specifica la Procura Generale dell’Ungheria.

Lo scorso 13 febbraio, la quinta sezione penale della Corte d’Appello di Milano (giudici Fagnoni-Caramellino-Revera) aveva deciso, dato il rischio di possibili “violazioni dei diritti fondamentali”, di “tortura” e trattamenti “inumani” e “degradanti”, di mettere in stand by la decisione e di chiedere al Ministero della Giustizia del Paese guidato da Viktor Orban di proporre “strumenti” alternativi al mandato d’arresto europeo, come i domiciliari in Italia. Il giovane rimane per ora ai domiciliari a Milano e l’udienza davanti alla Corte milanese, che dovrà decidere il da farsi, è fissata per il 28 marzo, stesso giorno in cui ci sarà udienza nel processo a carico di Salis a Budapest.

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