«Noi denunciamo il genocidio della Palestina e ci mettiamo le nostre facce e i nostri corpi». La dichiarazione, in “neretto”, campeggia a metà dell’identico testo che, con parole di pietra, sarà letto dagli oltre 20mila operatori sanitari (secondo gli organizzatori sono almeno il doppio) che si sono dati appuntamento alle 21 del 2 ottobre davanti a ciascuno dei circa 230 ospedali che da Nord a Sud Italia si illumineranno per il Flash Mob organizzato dalle reti #DigiunoGaza e Sanitari per Gaza, “Luci sulla Palestina: 100 ospedali per Gaza”.
Una mobilitazione confermata, nonostante l’alt alla Global Sumud Flotilla e malgrado il piano di pace in venti punti di iniziativa trumpiana stia incontrando un consenso generale e trasversale.
Sono 1.677 i sanitari uccisi a Gaza
I promotori precisano di aver chiesto a medici, infermieri e Oss di non portare bandiere o simboli di associazioni, sindacati o partiti ma solo le bandiere della Palestina. All’insegna delle quali avverrà l’accensione in simultanea in tutta Italia di luci, torce, lampade e di “qualunque fonte luminosa porteranno i manifestanti davanti agli ospedali”.
A questo punto si aprirà la commemorazione dei 1.677 operatori e operatrici sanitarie uccisi a Gaza in questi due ultimi anni di guerra – «mentre curavano, mentre soccorrevano, mentre difendevano il diritto più elementare di ogni essere umano, quello di essere assistito» – con la lettura collettiva dei loro nomi, a staffetta e un centinaio ciascuna, tra le Regioni. Un numero che non si è mai fermato: quel triste contatore è fermo a tre settimane fa e nel frattempo altre 47 operatrici e operatori sono stati uccisi. Con «una strage che va avanti sistematicamente». il tentativo, è il giudizio politico degli organizzatori, «di eliminare un popolo».
Accanto a chi è stato ucciso, ci sono i «361 sanitarie e sanitari palestinesi detenuti senza processo nelle carceri israeliane». Le testimonianze parlano di torture, violenze, uccisioni, ricorda il testo del Flash Mob. Che incalza: «Li ricordiamo, tutte e tutti, e premiamo perché vengano liberati al più presto».
Lombardia capofila
L’adesione di medici, infermieri e altri operatori sanitari nelle Regioni si profila massiccia in tante Regioni. In testa la Lombardia, con quasi 5mila sanitari registrati con modulo di partecipazione e 36 ospedali coinvolti, in particolare sulla provincia di Milano (2.272 adesioni) e Monza-Brianza con oltre 400. A seguire, la Toscana con 2.267 sanitari e 23 ospedali soprattutto nella provincia fiorentina con 642 adesioni, seguita dalla provincia di Lucca (286) e Pistoia (219), poi Sardegna con 1.955 adesioni e 15 ospedali con provincia di Sassari (quasi 800 adesioni) e Oristano quelle con più sanitari registrati. E poi Puglia con 1.905 adesioni e 10 ospedali, Bari (oltre 1300 adesioni) e Lecce (quasi 300) le province con più adesioni. Nel Lazio sono 1658 le adesioni registrate e 13 gli ospedali distribuiti soprattutto a Roma e provincia (1169 adesioni), poi a Latina e Viterbo. E ancora il Piemonte con 1.656 sanitari e 26 ospedali soprattutto in provincia di Torino (782) e Cuneo, Emilia Romagna con 1.620 adesioni e 16 ospedali con più adesioni nella provincia di Bologna (304) seguita da Modena (272), Veneto 1.193 sanitari e 14 ospedali, le province di Treviso (232) e Padova (208) quelle con più adesioni.
Un testo politico
Quello aggiornato al 1 ottobre e che, se resterà in questa versione, sarà letto il 2 ottobre davanti agli ospedali italiani che hanno aderito, è un documento profondamente politico. Guarda «alle donne e agli uomini della Global Sumud Flotilla», che nel frattempo è stata intercettata dalla Marina militare israeliana. E li ringrazia per l’«impresa coraggiosa, disarmata, umanitaria e politica», non lesinando le accuse di ipocrisia e di complicità nei confronti dei Governi.