Storie Web martedì, Ottobre 21
Notiziario

Uno o due giorni per una visita oculista oppure oncologica urgente, meno di una settimana per una mammografia e poco più di due settimane per una colonoscopia sempre urgente. I tempi si allungano a una decina di giorni o al massimo a due mesi, nel caso le stesse visite ed esami siano state prescritte dal medico indicando nella ricetta la priorità “B” (Breve: entro 10 giorni) o “D” (Differibile: entro 30 giorni). Solo nel caso di prescrizioni con priorità “P”, quelle meno urgenti (Programmabile: entro 120 giorni) i tempi si allungano fino a sfiorare quasi un anno per la mammografia e la colonoscopia. Questo è quanto attendono gli italiani in media per ricevere queste prestazioni dal Ssn secondo la nuova Piattaforma nazionale sulle liste d’attesa, uno degli strumenti più attesi del piano del Governo contro l’emergenza delle code in Sanità – lanciato ormai oltre un anno fa – e che dovrebbe aiutare le Regioni a monitorare meglio e consentire ai cittadini di capire da soli quanto devono aspettare per farsi curare.

Tempi decisamente positivi, anzi verrebbe da dire “troppo” positivi. In realtà a leggere meglio i dati – estratti per il Sole 24 ore da Salutequità direttamente dalla Piattaforma che viene alimentata dai flussi regionali ed è on line da fine giugno scorso – si capisce meglio il perché non rappresentino davvero la realtà che sperimentano molti cittadini quando chiamano i Cup per prenotare una prestazione. I motivi sono principalmente due: il primo è il fatto che il dato pubblicato dalla Piattaforma sia nazionale e non declinato a livello regionale (per ora si è preferito rinviare la diffusione del dato locale) e così i tempi di attesa del Veneto si calcolano insieme a quelli della Calabria per fare la media. Il secondo motivo forse è ancora più decisivo: nei tempi di attesa si mettono insieme le prestazioni prenotate con il Ssn e quelle in intramoenia, le prestazioni cioè pagate in libera professione negli ospedali pubblici, che notoriamente hanno tempi molto brevi. Insomma il rischio è quello di avere un dato “farlocco” e quindi il risultato per i cittadini è ancora molto lontano – in termini di trasparenza – rispetto a quanto promesso. «Cittadini e associazioni potranno accedere in maniera trasparente a dati in tempo reale sul monitoraggio e verificare gli indicatori predisposti per i tempi di attesa», recitava il decreto – pubblicato in Gazzetta lo scorso 11 aprile – che ha sancito la nascita della Piattaforma nazionale sulle liste d’attesa attraverso la quale il cittadino avrebbe avuto finalmente la possibilità di conoscere bene nel dettaglio i tempi di attesa delle prestazioni nella propria Asl e nella Regione di appartenenza.

Tra l’altro i dati pubblicati sono anche molto complicati da leggere e da interrogare (al momento sono divisi per quartili). «Ad oggi per i cittadini nessuna utilità concreta da questa piattaforma. Dati vecchi, fermi a quasi 2 mesi fa, con medie nazionali che non permettono di sapere quali siano i reali tempi di attesa per una prestazione all’interno della propria Asl o Regione. Nessuna informazione su liste chiuse e blocco delle prenotazioni, come pure sul rispetto della normativa sull’intramoeni»,, avverte il presidente di Salutequità Tonino Aceti. Che sottolinea come «la cosa più grave» sia rappresentata dall’assenza del dato sulla «percentuale di prestazioni che vengono erogate entro i tempi massimi di attesa per codice di priorità previsti dalle norme». I dati raccolti da Salutequità mostrano anche che c’è un alta percentuale di prenotazioni di prestazioni nonaccettate dai cittadini oltre al monitoraggio delle pre-liste, un sistema di “galleggiamento” in cui un paziente, non ottenendo subito un appuntamento, viene messo in attesa e ricontattato quando si liberano posti. «Se dalla piattaforma sembra emergere che molti cittadini rifiutano il primo appuntamento, la stessa non spiega i perché: magari i tempi prospettati sono oltre i tempi massimi previsti ? Oppure gli appuntamenti vengono dati a decine di km di distanza dall’abitazione? E se andiamo a vedere l’efficacia della pre-lista come meccanismo salta code ci accorgiamo che così com’è gestito oggi è poco efficace», aggiunge Aceti. «Inoltre non c’è alcuna informazione sui diritti dei cittadini e sulle modalità per poterli esercitare. Insomma questa piattaforma, così com’è, sembra più utile al sistema per continuare ad essere opaco e poco trasparente, piuttosto che a fornire un valore aggiunto ai cittadini. Serve più coraggio», conclude il presidente di Salutequità.

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