Oltre alla quantità, invitate a esaminare anche la qualità del non voto. Quale fenomeno racconta?
L’astensionismo non colpisce tutte le fasce sociali allo stesso modo. Gli elettori socialmente più centrali – chi vanta cioè alti titoli di studio, si trova in una fascia d’età intermedia, ha una buona occupazione ecc. – votano più spesso degli altri. Se alcuni gruppi sociali votano poco, la classe politica non avrà interesse a corteggiarli o assecondarli. Di conseguenza, le politiche pubbliche saranno orientate verso chi vota, piuttosto che verso chi non vota. Perciò, come una profezia che si autoavvera, gli astensionisti avranno ulteriori motivi per ritenere che la politica non si occupi di loro. La democrazia diventa così sempre più disuguale. Da questo punto di vista, forse in maniera un po’ provocatoria, si potrebbe dire che è preferibile avere un 30% di partecipanti ben distribuiti tra le fasce sociali che un 60% dal quale rimangono fuori però gli elettori più deboli.
Un consiglio ai partiti: si può rimediare? E come?
Evitare di escogitare soluzioni semplici e geniali per problemi complessi e radicati. In questi giorni abbiamo letto di voto elettronico, per corrispondenza, delegato, presidiato anticipato, di election day e molto altro ancora. A parte le difficoltà di rendere queste modalità compatibili con la nostra Costituzione, gli studi internazionali ci dicono che tali rimedi non servono a molto. Sono peraltro misure che mirano a facilitare il voto di chi ha già intenzione di votare. Non riguardano, se non marginalmente, chi decide di non votare. A chi la minestra non piace è inutile servigliela in un piatto di porcellana, anziché di plastica. Non la mangerà lo stesso. Per fargliela piacere bisognerebbe insistere sull’educazione del gusto, sull’importanza di un’alimentazione corretta ecc. Fuor di metafora, solo la convinzione che la partecipazione di ognuno sia utile e doverosa per il corretto funzionamento della democrazia ci salverà dalla deriva astensionista. Queste cose si imparano presto nella vita. In famiglia, a scuola, nelle associazioni, nei partiti, da politici che danno il buon esempio. Ecco allora da dove ripartire: dal buon esempio.
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