Storie Web mercoledì, Ottobre 22
Notiziario

In Europa non hanno dubbi: l’esposizione precoce e continua all’educazione finanziaria si traduce in miglioramenti misurabili nel comportamento e nella conoscenza finanziaria. Gli Stati membri dove l’educazione finanziaria è incorporata nel percorso formativo definito a livello nazionale si classificano costantemente tra i migliori in termini di alfabetizzazione finanziaria nelle indagini a livello Ue. E in Italia a che punto siamo? Legge Capitali (la 21 del 2024) ha introdotto una novità rilevante in materia di educazione finanziaria, riconoscendola come parte integrante dell’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole italiane.

In realtà si era cominciato a parlare del tema già nell’estate del 2023, tanto che il Comitato per l’educazione finanziaria aveva dato le linee guida per la scuola ancora prima dell’approvazione della legge capitali, che a sua volta nel 2024 aveva convertito una legge del 2023. Da quanto risulta a Plus24, però attualmente l’educazione finanziaria nelle scuole è ancora al palo. La legge prevede infatti che il Ministero dell’istruzione e del merito determini i contenuti dell’insegnamento dell’Educazione finanziaria d’intesa con Banca d’Italia, Consob e Ivass. Ora si attendono le linee operative per i docenti, ai quali dovranno seguire programmi di formazione dedicati. Al momento però manca l’accordo di collaborazione tra ministero e le diverse autorità.

L’educazione finanziaria, quindi, non è stata istituita come una materia a sé stante, ma costituisce un argomento sul quale le scuole hanno la possibilità di sviluppare iniziative. Essa rientra nell’ambito di molti argomenti che possono essere trattati complessivamente nell’educazione civica. Ricorda Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi: «L’educazione civica è una sorta di contenitore che include di tutto e di più. A causa della vasta gamma di temi inclusi in questo contenitore, non tutte le scuole sono in grado di trattare tutti gli argomenti». In passato, era già stato sollevato il problema di una “coperta corta”, ovvero la difficoltà relativa alle risorse o al tempo disponibile per trattare tutti i contenuti che rientrerebbero nell’educazione civica: «Attualmente questa materia – secondo Giannelli – ha a disposizione solo un’ora a settimana, ed è difficile fare cambiamenti significativi». E dunque la decisione su quali argomenti concentrarsi maggiormente spetta alla programmazione della singola scuola, in quanto istituzione autonoma. «In generale – continua Giannelli -, non sembra esserci stato un chiaro ampliamento del numero di scuole che trattano l’educazione finanziaria. Quelle che già possedevano una tradizione nell’affrontare questo argomento tendono a proseguire con le loro attività. Nonostante la previsione di inclusione nell’educazione civica, non si sono osservate modifiche particolarmente significative rispetto all’implementazione di questa materia nei diversi istituti scolastici».

Ovviamente le scuole con una maggiore sensibilità sul tema, come gli istituti tecnico-economici, svolgono sicuramente attività di educazione finanziaria, ma anche queste devono tener conto di molte altre iniziative a cui dare attuazione. E a fronte delle molte cose da fare, le scuole devono dividersi e cercare le occasioni appropriate per inserire questo tipo di attività.

A breve si aspettano gli aggiornamenti del rapporto Pisa (Programme for International Student Assessment) dell’Ocse. L’ultimo è del 2022 e i quindicenni italiani avevano avuto un punteggio di 484 punti negli indicatori relativi all’educazione finanziaria e si collocavano al di sotto della media Ocse (498). Gli studenti italiani avevano ottenuto un punteggio simile agli studenti norvegesi e spagnoli, ma più basso di quelli di Belgio, Danimarca, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Austria, Polonia, Portogallo e Ungheria. Come ha ricordato Bankitalia, in una ricostruzione del rapporto Pisa, quest’ultimo ha esaminato anche l’apporto della scuola: agli studenti sono stati presentati 16 termini relativi al mondo economico e finanziario e dovevano indicare se negli ultimi dodici mesi, a scuola, ne avevano mai sentito parlare o imparato qualcosa in merito. Gli studenti italiani hanno dichiarato in media di aver imparato a scuola e di conoscere il significato di 6 termini su 16, un termine in meno rispetto alla media Ocse.

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