Nel 2023 l’economia non osservata in Italia, che comprende attività sommerse e illegali, ha raggiunto i 217,5 miliardi di euro, con una crescita del 7,5% rispetto al 2022 (+15,1 miliardi), superando leggermente la crescita del Pil corrente (+7,2%). Secondo il rapporto Istat, l’incidenza sul Pil è salita al 10,2% (dal 10,1% del 2022), con l’economia sommersa che rappresenta il 9,2% (197,6 miliardi) e le attività illegali lo 0,9% (circa 20 miliardi).
Crescita del sommerso: sotto-dichiarazione e lavoro irregolare
L’economia sommersa, al netto delle attività illegali, è cresciuta dell’8,2% rispetto al 2022, raggiungendo i 197,6 miliardi. La componente principale è la sotto-dichiarazione, che si attesta a 108,2 miliardi (+6,6%, pari a 6,7 miliardi in più rispetto al 2022), seguita dal lavoro irregolare, che vale 77,2 miliardi (+11,3%, pari a 7,8 miliardi in più). Le componenti residuali, come mance e fitti non dichiarati, ammontano a 12,2 miliardi (+3,8%). Nel 2023 i lavoratori irregolari sono stati 3,132 milioni, in aumento di 145 mila unità rispetto al 2022, con un’incidenza del valore aggiunto da lavoro irregolare salita al 35,5% (dal 34,3% del 2022).
Settori più colpiti: servizi, commercio e costruzioni
L’Istat evidenzia una forte disparità settoriale. Il sommerso economico pesa maggiormente negli “Altri servizi alle persone” (32,4% del valore aggiunto del comparto), nel “Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione” (18,8%) e nelle “Costruzioni” (16,5%). Incidenze minori si registrano in “Altri servizi alle imprese” (5,5%), “Produzione di beni d’investimento” (4,3%) e “Produzione di beni intermedi” (1,6%). Il lavoro irregolare è particolarmente rilevante nei servizi alle persone (19,7%, anche per il lavoro domestico) e in agricoltura (14,9%), mentre è meno significativo nei comparti industriali (tra 0,9% e 2,8%).
Dinamiche settoriali e attività illegali
La tendenza all’aumento del sommerso è eterogenea: si riduce in costruzioni (-1,1 punti percentuali) e agricoltura (-0,4), ma cresce nei servizi alle persone (+2,3 punti) e marginalmente in commercio e altri servizi alle imprese (+0,2). Le attività illegali, che includono produzione e commercio di stupefacenti, prostituzione e contrabbando di tabacco, hanno generato 20 miliardi di valore aggiunto, con un incremento dell’1% rispetto al 2022. Tuttavia, la loro incidenza sul Pil è scesa al 9,2% (dal 9,8% del 2022 e 10,5% del 2020), mostrando un progressivo ridimensionamento.
Un fenomeno strutturale
L’economia non osservata, spiega l’Istat, comprende attività produttive che sfuggono all’osservazione diretta, come la sotto-dichiarazione di fatturato o costi e l’impiego di lavoro non regolare, oltre alle attività illegali previste dai regolamenti Ue. La crescita del fenomeno, guidata dal lavoro irregolare e dalla sotto-dichiarazione, evidenzia una sfida strutturale per l’economia italiana, con impatti significativi su fisco, previdenza e concorrenza leale nei settori più esposti.