Storie Web venerdì, Dicembre 27
Notiziario

Il centrodestra vince in Liguria. 
Marco Bucci è il nuovo presidente di regione, ma riceve uno schiaffo dalla sua città, quella in cui è tuttora sindaco. 
Andrea Orlando è sconfitto e se ne rammarica, perché non è tanto lui a perdere quando una coalizione litigiosa in cui i veti dei Cinque stelle e la loro divisione interna pesano sulla sconfitta. Ma dal voto emerge un’analisi che può certamente avere un respiro nazionale. 

Tre temi sopra gli altri, tre lezioni.

La prima lezione

Il trittico che sembrava sorridere solo qualche settimana fa al fronte progressista comincia con una sconfitta. Se si va a cercare nelle cifre che escono dalla coalizione la responsabilità è presto individuata: la sonora sconfitta del Movimento cinque stelle, che paga le diatribe interne ormai all’ennesima potenza. L’elevato Beppe Grillo non si è nemmeno degnato di votare e il Movimento, con il 4,6% dei voti, perde oltre il 3% rispetto alla già difficile performance del 2020. Dal 2015 a oggi si trova a – 20%. 

Giuseppe Conte e Beppe Grillo. Il loro duro confronto ha penalizzato il M5S in Liguria. Grillo mon è andato a votare per le regionali (ansa)

Va bene il Pd che ha espresso il candidato presidente, Andrea Orlando. Fa meglio di quanto fece nel 2015 quando portò alla guida della regione Claudio Burlando, arrivando al 28,5%. 

La Sinistra ambientalista conferma il suo buon momento. Diventa la seconda forza della coalizione con il 6,2%. Per le liste civiche di centro non si va oltre l’1,8% mentre la Lista civica per Orlando è al 5,3%. I veti incrociati del Movimento cinque stelle non hanno fatto bene al fronte progressista, che per poco più di 4mila voti perde la possibilità di riconquistare la Liguria. Un campo che non riesce a presentarsi in modo coeso ma somiglia troppo spesso a un’armata improvvisata.

Andrea Orlando successivamente allo scrutinio del voto

Andrea Orlando successivamente allo scrutinio del voto (rainews24)

La seconda lezione

Il centrodestra unito riesce a superare la bufera, anzi, la tempesta che si era aperta con le inchieste che hanno coinvolto il presidente uscente Giovanni Toti e parte del tessuto imprenditoriale ligure. Un voto di scambio che ha coinvolto famiglie mafiose siciliane, viaggi sullo yacht di Spinelli – a cui peraltro hanno partecipato anche importati personaggi Dem – non hanno dato ragione a chi immaginava una sonora sconfitta del centro destra. 

Ha contato di più quella che Marco Bucci ha definito la volontà di “fare” attraverso la finanza di progetto per infrastrutture pubbliche, per la quale tanti no erano arrivati dal fronte progressista. Ma attenzione: a vincere non è l’onda lunga di Fratelli d’Italia – che perde consensi – ma l’onda lunga “totiana” e “bucciana” che conferma il proprio ruolo all’interno del centrodestra ligure e che riesce, grazie al voto della periferia – a superare anche la tendenza contraria di tre città capoluogo dove la sconfitta è apparsa sonora. -8 punti in percentuale a Genova, -5 punti a La Spezia; -27 punti a Savona

Ora ci sarà un secondo round da affrontare, quello delle elezioni di Genova.

Marco Bucci durante la conferenza stampa successiva allo scrutinio

Marco Bucci durante la conferenza stampa successiva allo scrutinio (rainews)

La terza lezione

L’astensione. Chi vince lo fa sulla base del voto espresso dal 45,97% dei liguri chiamati alle urne, il 7,5% in meno rispetto alle regionali del 2020. 

Così chi ha vinto guiderà la regione con il 22,25% dei consensi degli aventi diritto e chi è all’opposizione con poco più del 20%. Il problema dell’astensione è sempre più il principale problema della politica e della democrazia italiana. E su questo va inserito un altro tema. Le inchieste giudiziarie non hanno più il valore che avevano al tempo di Tangentopoli. Allora chiamavano i cittadini al voto, portandoli in massa alle urne con la volontà di cambiare le cose. Poi hanno prodotto un’ondata di populismo che ha creato movimenti come i Cinque stelle o la nascita di nuove, improvvise quanto fragili leadership. Oggi creano sempre maggiore disamore nei confronti della politica, incapace di darsi lei stessa le regole per espellere i meccanismi di amoralità o immoralità che allontanano sempre di più i cittadini dal voto.

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