Storie Web giovedì, Dicembre 19
Notiziario

Segni particolari: accanto al merito creditizio considerano valori socio-ambientali per andare oltre il profitto. Sono solide e redditizie quanto le banche tradizionali e sistemiche, ma più orientate all’economia reale. Mentre il risiko domina la scena della “grande” finanza prosegue inarrestabile l’avanzata delle banche etiche in Europa.

Secondo gli ultimi dati disponibili relativi ai bilanci 2022 i loro attivi hanno raggiunto quota 79,2 miliardi di euro, il 54,5% in più rispetto al 2018, i crediti erogati sono cresciuti di oltre il 45% a 58,2 miliardi e i depositi sono più che raddoppiati a 61,1 miliardi. «Coniugare etica e valore economico si può», dice Leonardo Becchetti, docente di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata. E rispolvera una definizione da lui stesso coniata: «Le banche etiche votano con il portafoglio prestiti. Perché investire è come esprimere un voto nell’urna elettorale, è un atto che guarda al bene collettivo. Così questi istituti hanno fatto una precisa scelta di campo e finanziano solo le iniziative d’investimento che più contribuiscono al bene comune, con iniziative a favore della società e dell’ambiente».

Il confronto

Una scelta che si rivela efficace. Per comprendere la portata del fenomeno il Settimo rapporto sulla finanza etica in Europa ha messo a confronto 26 banche etiche europee associate a Gabv (Global Alliance for banking on values) con 60 istituti di credito tradizionali e significativi sottoposti alla vigilanza diretta della Bce. Il primo dato che salta all’occhio è il forte focus sull’economia reale delle prime rispetto alle seconde. Quasi il 70% degli attivi delle banche etiche viene destinato ai prestiti a imprese e famiglie e alla fasce più vulnerabili della società, mentre quelle tradizionali si fermano al 51,6 % preferendo attività finanziarie con meno rischi, come i titoli di Stato, o più speculative. Un modello di business che ha inevitabilmente un impatto sulla rischiosità. La quota di attivi ponderati per il loro livello di rischio(Rwa) sul totale degli attivi nelle banche etiche europee è in media del 43,76% contro il 35,85% delle banche significative.

La gestione degli Npl

Anche i crediti deteriorati (Npl) sul totale dei crediti è più elevata: 5,78% per le prime rispetto al 3,53% delle seconde. La loro gestione avviene però in modo diverso: gli ultimi anni gli istituti tradizionali hanno “ripulito” i propri attivi da gran parte dei crediti deteriorati vendendoli in blocco a fondi di investimento o intermediari specializzati. Le banche etiche, al contrario, fanno ricorso solo in via marginale alla vendita in blocco degli Npl preferendo soluzioni di supporto ai clienti, in modo più personale. Non solo. Vantano una solidità patrimoniale superiore (con un Tier 1 ratio del 23,32% rispetto al 17,23% delle grandi banche) dimostrando di essere in grado di assorbire eventuali perdite nelle fasi di crisi generalizzata. La loro redditività, inoltre, è stata costante nel tempo, senza scossoni significativi durante la crisi del 2007-2008, come è invece avvenuto per le banche tradizionali.

Un modello diverso, con maggiori costi, ma più valore. Il rapporto tra costi operativi e ricavi (Cir) delle banche etiche si attesta al 65,74%, a fronte del 52,6% di quelle sistemiche. Questo dato riflette un modello operativo che investe maggiormente nelle persone e in processi di valutazione approfonditi, inclusi aspetti sociali e ambientali, con istruttorie più lunghe. Ma è un costo che genera un valore aggiunto per la società e l’ambiente.

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