Storie Web venerdì, Maggio 17
Notiziario

Colluso con l’Opec. E dunque indegno di entrare nel board di ExxonMobil. Sono accuse gravi, che potrebbero condurre a un’incriminazione, quelle rivolte contro Scott Sheffield dalla Federal Trade Commission (FTC), l’Antitrust Usa, che per dare via libera alla fusione tra la prima compagnia petrolifera statunitense e Pioneer Natural Resources ha posto come condizione la messa al bando del fondatore e ceo di quest’ultima, in carica fino a dicembre. Il deal da 60 milardi di dollari si farà. Ma sulla carriera di Sheffield – uno dei protagonisti più noti e stimati nel mondo dello shale oil – cala un sipario infamante.

Kyle Mach, vicedirettore della divisione concorrenza della Ftc, ci va giù pesante: «La condotta passata di Mr Sheffield chiarisce in modo cristallino perché non debba trovarsi neppure nei dintorni della sala del consiglio di Exxon». Commenti ancora più duri di quelli messi nero su bianco nel comunicato della FTC, che parla della necessità di impedire a Sheffield di «impegnarsi in attività collusive che potenzialmente farebbero salire i prezzi del petrolio, portando i consumatori e le imprese americane a pagare prezzi più alti per benzina, diesel, gasolio da riscaldamento e carburante per aerei».

Il linguaggio stesso scelto per giustificare l’ostracismo verso Sheffield rafforza il dubbio che si tratti di una manovra politica di sapore populista, consona con il periodo pre elettorale. A novembre si vota per la Casa Bianca, i prezzi alla pompa sono alti e Joe Biden è a corto di rimedi, visto che ha già fatto ampio ricorso alla vendita di barili dalla Spr, la riserva strategica federale. La percezione di quanto il caro petrolio stia a cuore ai candidati può pesare parecchio nell’orientare le scelte degli elettori Usa. E Sheffield è un utile capro espiatorio.

La FTC cita gli appelli del petroliere a tenere a freno le operazioni nello shale oil, quando nel 2020 il Covid aveva fatto crollare la domanda e le quotazioni del greggio erano addirittura finite sotto zero. Punta il dito contro i suoi «sforzi per coordinare i livelli produttivi» con l’Opec+, in modo da mantenerli «artificialmente bassi». Ricorda che Sheffield aveva sollecitato a dare l’esempio la Railroad Commission of Texas, organismo che in teoria ha l’autorità di imporre tagli alla produzione di petrolio. E prima ancora del Covid ricorda che c’erano stati incontri tra rappresentanti dell’industria dello shale oil e funzionari Opec, tra cui una cena nel 2017 con Mohammed Barkindo, allora segretario generale dell’Organizzazione, morto nel 2022.

Sheffield non era l’unico cittadino Usa a partecipare a quegli incontri, peraltro già noti da tempo: c’erano anche industriali e banchieri, come raccontato puntualmente dai media. Anche Il Sole 24 Ore ne aveva dato conto, constatando piuttosto che il ceo di Pioneer sembrva aver costruito una relazione privilegiata, tanto che nel 2018 era stato l’unico esponente dell’industria petrolifera Usa a non disertare l’Opec Seminar, convegno biennale del gruppo a Vienna.

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