Storie Web lunedì, Luglio 8
Notiziario

BUDAPEST – Le tante sfaccettature del governo ungherese si sono rivelate ieri alla stampa europea. Quella provocatoria e combattiva, ma anche quella moderata e pragmatica. Da lunedì l’Ungheria del premier nazionalista Viktor Orbán ha assunto per sei mesi le redini dell’Unione europea. Il portavoce del governo ha annunciato che il Paese vuole «lasciare il segno». Ieri sera correva voce che il primo ministro potesse recarsi a Mosca, forse già oggi, per incontrare il presidente Vladimir Putin.

La faccia più provocatoria è incarnata da uno dei più fidati collaboratori del sulfureo primo ministro Orbán. A 55 anni, Zoltán Kovács, che associa blazer blu a jeans slavati, è il ministro per la comunicazione internazionale del governo ungherese. «Conosciamo le regole della presidenza di turno dell’Unione – ha detto a un gruppo di corrispondenti bruxellesi ieri qui a Budapest –. Viktor Orbán utilizzerà la presidenza in modo politico (…) La nostra è una agenda politica».

Ieri sera fonti di stampa sostenevano che il premier potesse recarsi a Mosca per incontrare il presidente Putin, dopo che lunedì a Kiev aveva visto il presidente Volodymyr Zelensky. In assenza di conferma dalla sua controparte ungherese, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha ricordato su X che «la presidenza di turno non ha il mandato di impegnarsi con la Russia per conto dell’Unione». Fin dall’invasione russa dell’Ucraina, Budapest si rifiuta di armare Kiev, e sostiene l’idea di perseguire la pace.

Il motto della presidenza ungherese ha fatto storcere le labbra a molti: Make Europe Great Again. A nessuno è sfuggito il desiderio di scimmiottare lo slogan dell’ex presidente americano Donald Trump (Make America Great Again). In visita a marzo negli Stati Uniti, il premier Orbán ha incontrato il suo sodale americano, senza nascondere la sua simpatia per l’uomo d’affari che nel 2021, dopo essere stato sconfitto nelle urne, ha promosso un assedio al Campidoglio.

Da anni ormai l’Ungheria è un paese sui generis nel consesso comunitario, oggetto di una procedura ex articolo 7 dei Trattati per via di una preoccupante deriva dello Stato di diritto sul fronte della libertà accademica o sul versante dei diritti civili. Da tempo i fondi comunitari sono stati congelati in attesa che il Paese rientri nei ranghi. Per il ministro Kovács si tratta di «un ricatto», di «un’arma politica contro un Paese che a differenza degli altri non vuole uniformarsi».

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