Storie Web venerdì, Novembre 22
Notiziario

Tra gli italiani e l’equity non c’è mai stato un grande feeling. Tradizionalmente l’investimento degli italiani era il Bot, che seppure si è andato riducendo negli anni resta un asset importante nei portafogli. Secondo i dati della relazione della Banca d’Italia per il 2023, a fine dell’anno scorso la quota di patrimonio detenuta dagli italiani in azioni quotate era dell’1,4 per cento. E rapportata al totale delle sole attività finanziarie, questa percentuale sale a circa il 3,2 per cento. In tutto azioni e partecipazioni (non solo nelle quotate) nei portafogli di casa nostra ammontavano a 1.585 miliardi di euro a fine 2023, di cui 1.464 miliardi in azioni italiane e 121 miliardi in titoli esteri. Le azioni quotate e le altre azioni e partecipazioni rispetto alle attività finanziarie del 2023 rappresentavano il 28,2 per cento. Il 2023 comunque è stato un anno in cui le scelte degli italiani hanno apprezzato l’investimento in azioni, data anche la ricerca di rendimenti, in tempi di inflazione.

L’accelerazione

Nell’analizzare i dati alla fine del terzo trimestre dello scorso anno, la Fabi (Federazione autonoma bancari italiani) aveva spiegato che: «L’accelerazione dei mercati che ha caratterizzato soprattutto l’ultima parte del 2023, ha comportato un aumento della ricchezza finanziaria allocata in azioni di ben 20 miliardi in termini di volumi».

La fotografia

Nel rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane, anche se calibrato su un campione di investitori “avvertiti” (con un portafoglio più variegato), emerge che il 32 per cento degli intervistati dichiarava di avere investimenti in azioni. Secondo questa rilevazione il primo posto nei portafogli degli italiani è riservato ai certificati di deposito e buoni fruttiferi postali (48%), a cui fanno seguito i titoli di Stato (39%), i fondi comuni di investimento (36%), e le obbligazioni (35%). Quindi tra le voci più gettonate, le azioni comunque restano in una posizione arretrata rispetto alle modalità più tradizionali di composizione del portafoglio. Inoltre il rapporto Consob indica un altro elemento che non favorisce l’investimento azionario tra gli operatori italiani, ovvero la staticità: «I portafogli degli investitori retail tendono a essere soggetti a basso turnover dato che Il 41% degli investitori dichiara di non aver venduto prodotti finanziari negli ultimi 12 mesi».

Finanza ed economia reale

Del resto il dibattito pubblico italiano da anni si arrovella sul tema di come veicolare in investimenti nell’economia reale i risparmi degli italiani. Tutto il Ddl capitali (ora convertito in legge), facendo seguito al Libro verde del ministero dell’economia italiana ha cercato di fare degli interventi per facilitare l’appetibilità del listino italiano agli investitori. Intanto la capitalizzazione delle imprese di casa nostra rispetto al Pil resta tra le più basse rispetto a quanto avviene nelle altre maggiori economie europee, restando sotto il 40 per cento (dati Assonime, per il periodo 2020-2023) mentre le “prestazioni” più rilevanti restano quelle della Svezia che superano il 180 per cento. Inoltre gli incentivi alla quotazione devono comunque fare i conti con i rendimenti dei titoli del debito pubblico, sempre competitivi, e dei vantaggi di cui questi ultimi godono, sia in termini di aliquote fiscali ridotte che di altri incentivi (come per esempio la loro prevista esclusione dall’Isee).

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