Storie Web martedì, Luglio 22
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«Se un evento del genere accade una volta, lo si può definire un incidente; se accade due volte, magari, è una coincidenza, ma se avviene diverse volte, come nei casi a cui abbiamo assistito, si tratta senza dubbio di una strategia»: il ministro della Difesa della Lettonia Andris Sprūds siede nella sala riunioni di una scuola elementare di Mālpils, a circa settanta chilometri dalla capitale Riga, trasformata temporaneamente in uno dei centri direttivi di «Crystal Arrow», l’esercitazione NATO che dà il via a tutti gli addestramenti militari sul fianco est dell’Alleanza Atlantica.

L’intervista a Andris Sprūds, ministro della Difesa della Lettonia


«È una tendenza, ed è una tendenza orchestrata ad arte. Ecco perché dobbiamo essere preparati»: 54 anni, occhiali da professore e piglio deciso, prima di entrare in politica e diventare ministro Sprūds era un professore universitario di Storia e Relazioni Internazionali, ma per ripercorrere tutte le tensioni che si addensano nelle acque del Mar Baltico deve richiamare la cronaca più recente.

Dall’ottobre del 2023 a oggi nel Mar Baltico si sono verificati almeno undici casi di cavi sottomarini recisi, gasdotti danneggiati e vari altri incidenti, che tutti i Paesi rivieraschi membri della NATO attribuiscono a operazioni di guerra ibrida lanciate dalla Russia. A questi, inoltre, vanno aggiunte ovviamente le esplosioni che nel settembre del 2022 – pochi mesi dopo l’aggressione di Mosca contro l’Ucraina – hanno reso inservibili i gasdotti Nord Stream 2 e Nord Stream 1, un’operazione «sporca» che secondo una lunga inchiesta di Der Spiegel è da attribuirsi a ex elementi dell’esercito ucraino fuori controllo.

A sinistra il ministro della difesa della Lettonia, Andris Sprūds, intervistato da Antonio Talia

Nella complessa rete di cavi sottomarini – sia elettrici che per le telecomunicazioni – e di gasdotti che attraversano le profondità di queste acque collegando le Repubbliche Baltiche alla Svezia, alla Finlandia, alla Polonia e alla Germania, ognuno di questi presunti atti di sabotaggio presenta caratteristiche diverse, ma secondo Sprūds compone un disegno complessivo, in cui dall’autunno del 2023 la Russia sta innalzando sistematicamente la posta in gioco e il livello dello scontro.
Ed è qui che entra in gioco la cosiddetta «flotta fantasma» russa: si tratta di un numero imprecisato tra le 500 e le 700 navi che, fin dai primi mesi dell’invasione su larga scala dell’Ucraina, la Russia ha iniziato a impiegare per eludere le sanzioni internazionali sui commerci di gas e petrolio.

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