Storie Web sabato, Giugno 7
Notiziario

Ama l’Italia e spera di esplorarla a fondo in futuro; conserva il ricordo di un viaggio col marito a Positano e sta pregustando un cammino nelle Dolomiti che farà in estate, seguito da un soggiorno sulla Costiera Amalfitana. Michelle Gass, presidente e ceo di Levi’s, è di passaggio a Milano per visitare i negozi monomarca, i partner di multimarca e department store e per aggiornarsi sulla scena retail della città, in costante evoluzione, forse ancora più di quella di Parigi, dove il marchio americano ha aperto nel 2024 un grande negozio sugli Champs-Élysees con un format innovativo che, chissà, potrebbe essere replicato in Italia.

La prima sede di Levi’s a San Francisco

Innamorata del nostro Paese, ma forse ancora di più del suo lavoro, Michelle Gass è a capo di una delle più grandi aziende americane di abbigliamento: dopo oltre 30 anni ai vertici di società e catene del largo consumo, da Kohl’s a Starbucks, la manager è entrata in Levi’s nel 2023 come presidente e dalla fine di gennaio 2024 è anche chief executive officer.

Come riassumerebbe questi 18 mesi alla guida di Levi’s?
«Prima di tutto ci tengo a sottolineare di aver avuto un grande privilegio: passare i primi mesi in azienda lavorando fianco a fianco con l’allora ceo, Chip Bergh, che ha lasciato il suo incarico alla fine di aprile 2024, restando però consulente e… mio consigliere, perché è legato profondamente al marchio, al mondo del denim e a tutte le persone che hanno lavorato con lui. Ho imparato tantissimo da Chip e grazie a quei mesi di collaborazione e condivisione sui punti chiave della cultura aziendale, ma anche sui progetti per il futuro, ho sentito di avere basi molto solide per far evolvere, e in parte cambiare, Levi’s».

Da dove è partita per avviare questa evoluzione?
«Abbiamo razionalizzato le collezioni, in particolare quelle dei jeans, a partire dal 501, perché negli anni le Sku (acronimo di stock keeping unit, il codice alfanumerico che identifica ogni singolo prodotto di un’azienda, ndr) si erano moltiplicate e in alcuni casi, persino all’interno dello stesso mercato o area geografica, si erano sovrapposte. È una di quelle operazioni in cui la tecnologia aiuta tantissimo, come fa in generale per la gestione dei magazzini e per la logistica. Poi abbiamo venduto Dockers, uno dei marchi del portafoglio: non è stata una decisione presa a cuor leggero, perché il marchio faceva parte del gruppo da molto tempo. Diciamo che Dockers, forse il più famoso brand al mondo di pantaloni khaki, è in buone mani (sorride): ad acquisirlo (per oltre 310 milioni di dollari, ndr) è stato il gruppo Authentic Brands, il cui fondatore, presidente e ceo, Jamie Salter, ha spiegato nel maggio scorso, quando abbiamo annunciato l’operazione, che «Dockers si inserisce perfettamente nel modello di Authentic Brands».

L’Eureka Innovation Lab è stato lanciato nel 2013

Si può dire che ora ci sono più risorse ed energie da dedicare agli altri brand?
«Il processo, come ho detto, era iniziato mesi prima: abbiamo la più elevata fetta di mercato dei jeans a livello globale e continueremo a investire nel marchio Levi’s, puntando in particolare sulle collezioni da donna e le collaborazioni: l’obiettivo è farne 10-12 all’anno, ma che siano davvero sorprendenti, sia per i nomi ai quali ci leghiamo sia per i prodotti. Poi c’è il marchio Beyond Yoga, che ha grandissime potenzialità e sul quale investiremo molto. Preferiamo invece lasciare un altro settore, l’athleisure, per quanto promettente, ad altre aziende. C’è inoltre la parte di abbigliamento junior, che è in licenza, perché si tratta davvero di un altro business rispetto all’adulto. Ma sicuramente possiamo trovare anche lì maggiori sinergie e opportunità».

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