È un mix di curiosità e sospetto quello con cui gli italiani guardano all’intelligenza artificiale (Ia). Secondo il nuovo report del Pew Research Center, pubblicato lo scorso 15 ottobre e basato su oltre 28.000 interviste in 25 Paesi, il nostro Paese è tra quelli in cui la preoccupazione per l’Ia supera di gran lunga l’entusiasmo. Circa un italiano su due dichiara di essere “più preoccupato che entusiasta” per l’aumento dell’uso dell’intelligenza artificiale nella vita quotidiana. Solo una minoranza si dice invece ottimista, mentre il resto del campione esprime sentimenti contrastanti: entusiasmo e ansia, speranza e timore.
In Europa, solo Grecia e Francia mostrano un livello di ansia comparabile a quello italiano. A preoccupare gli italiani sono soprattutto la perdita di controllo umano, i rischi per il lavoro e l’invasività della tecnologia nei processi decisionali pubblici. L’Ia viene percepita come una forza potente ma difficile da incanalare e il nodo centrale resta la fiducia in chi deve governarla.
Proprio su questo punto i dati sono eloquenti: solo il 41% degli italiani dichiara di avere fiducia nel proprio governo per regolamentare in modo efficace l’intelligenza artificiale, contro una media globale del 55%. Peggio ancora va all’Unione Europea: appena quattro italiani su dieci credono che Bruxelles sia in grado di definire regole equilibrate e trasparenti per l’uso dell’IA (nonostante l’AI Act rappresenti uno dei quadri normativi più completi e ambiziosi al mondo), un dato che colloca l’Italia tra i Paesi più scettici del continente insieme a Grecia e Polonia.
Il quadro cambia leggermente quando si osservano le differenze interne. I giovani adulti, soprattutto quelli sotto i 35 anni, si dichiarano più informati e più aperti all’innovazione tecnologica. Quasi il 60% di loro afferma di aver “sentito molto parlare” di intelligenza artificiale, contro meno del 30% tra gli over 50. Anche il livello di istruzione e l’uso frequente di internet influenzano la percezione: chi ha studi universitari o utilizza la rete “quasi costantemente” tende a essere più fiducioso e meno spaventato.
La polarizzazione è evidente anche nel rapporto tra genere e tecnologia: le donne risultano mediamente più diffidenti degli uomini, meno propense a fidarsi delle istituzioni e più preoccupate per le conseguenze sociali dell’automazione. È il segnale di un dibattito ancora immaturo, dove la conoscenza dell’IA resta superficiale e i timori si mescolano a un senso di esclusione tecnologica.