Storie Web sabato, Ottobre 18
Notiziario

Riflettere sulla intelligenza artificiale non significa prospettare scenari futuristici. L’AI è già tra noi e sta rivoluzionando ogni ambito: economico, sociale, industriale, culturale. Ma è nella sanità che questa rivoluzione mostra tutta la sua forza perché alla spinta innovativa si unisce la componente umana, empatica, che nessun algoritmo potrà sostituire del tutto.

Per questo è fondamentale riflettere insieme sull’impatto che l’AI avrà, e sta già avendo, sul sistema sanitario con una particolare attenzione a chi costruisce l’impresa sanitaria del domani. Con il Governo italiano, primi in Europa, abbiamo recepito l’AI Act e dato alla luce una legge sulla Intelligenza artificiale che dà prospettive e certezze.

Le opportunità

L’intelligenza artificiale è un’opportunità concreta non solo per automatizzare attività amministrative, come banalmente la gestione delle cartelle cliniche o le prenotazioni, ma per liberare tempo, risorse e creatività, per ripensare modelli di business, per integrare servizi come la telemedicina, per trasformare le strutture in veri e propri hub di innovazione. Immaginate strutture dove l’intelligenza artificiale supporta il triage la diagnosi e la gestione personalizzata dei percorsi terapeutici.

Immaginate di poter costruire delle offerte sanitarie su misura basate su dati reali, comportamenti, stile di vita, preferenze espresse dai pazienti o di sviluppare nuovi servizi con il supporto predittivo dell’AI come abbonamenti sanitari personalizzati, diagnosi a distanza, interfaccia avanzate con il sistema assicurativo. Questa rivoluzione non riguarda solo la tecnologia, ma riguarda anche la cultura imprenditoriale: serve costruire degli ecosistemi capaci di unire le competenze cliniche, quelle tecniche e manageriali, serve dialogare con le Università e con i centri di ricerca, con le istituzioni e il Governo sta agevolando questo rapporto.

I rischi

Serve, però affrontare anche i rischi. Il primo è quello di delegare troppo, ovvero di pensare che l’algoritmo possa decidere al posto nostro. Dobbiamo invece rafforzare l’autonomia e la responsabilità umana soprattutto quando parliamo di cure. Il secondo è quello della sicurezza. I dati sanitari sono tra i più preziosi e tra i più esposti agli attacchi. Servono quindi protezioni adeguate, cultura della sicurezza e cultura dell’investimento per la sicurezza. Il terzo rischio è quello delle disuguaglianze. Se l’accesso all’innovazione sarà riservato a pochi, rischiamo di creare una sanità a due velocità, due classi di pazienti, due classi di medici.

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