Storie Web venerdì, Luglio 18
Notiziario

Gli infortuni sul lavoro restano una delle criticità più persistenti del mercato occupazionale italiano. Tuttavia, sottolinea il rapporto della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro “La dimensione territoriale della sicurezza sul lavoro: i numeri del 2024”, pubblicato nelle ultime ore, i dati più recenti diffusi da Inail mostrano segnali di miglioramento. Nel corso del 2024 si è registrata una contrazione dell’1% nel numero complessivo delle denunce dei casi occorsi ai lavoratori (da 519 mila a 515 mila casi), confermando una tendenza alla riduzione già osservata nel confronto con il periodo pre-pandemico: rispetto al 2019, il calo si attesta a quasi l’8,5%, corrispondente a circa 50 mila casi in meno. Anche la componente mortale del fenomeno evidenzia una flessione: i casi denunciati passano da 1.237 nel 2019 a 1.189 nel 2024 (-3,9%). E l’Italia ha tassi inferiori alla media europea. La distanza è significativa con Francia, Spagna e Germania.

Il quadro europeo

L’indagine compie infatti un passo ulteriore, e mette in relazione la situazione in Italia con quella nel resto dell’Unione europea. Secondo i dati più aggiornati diffusi da Eurostat, nel 2022 si sono registrati nell’Unione europea circa 3 milioni di infortuni non mortali e 3.286 infortuni mortali in occasione di lavoro. Rispetto all’anno precedente, si rileva un aumento del 3% dei casi, mentre i decessi mostrano una modesta diminuzione dell’1,8%. Queste statistiche, viene sottolineato nel report, si riferiscono esclusivamente agli infortuni accaduti durante l’attività lavorativa, escludendo gli infortuni in itinere, in quanto non rilevati in modo omogeneo da tutti gli Stati membri.

Gli indicatori presi in considerazione da Eurostat

Per consentire il confronto tra Stati membri, Eurostat utilizza il tasso standardizzato di incidenza infortunistica, un indicatore che rappresenta il numero di infortuni indennizzati per 100.000 occupati, corretti per tenere conto delle differenze nelle strutture produttive nazionali. Il calcolo si basa sui soli infortuni che hanno causato un’assenza dal lavoro di almeno quattro giorni di calendario, includendo casi avvenuti anche in spazi pubblici, in trasferta, per avvelenamento acuto o per atti volontari di terzi. Sono esclusi gli infortuni autoprocurati, quelli per cause mediche (es. infarto o ictus) e, appunto, quelli in itinere. Per evitare distorsioni dovute alla diversa composizione settoriale dei sistemi economici nazionali, Eurostat standardizza la distribuzione settoriale degli occupati, assegnando a ogni settore lo stesso peso su scala Ue. Inoltre, nel calcolo dei tassi comparabili tra Stati, vengono esclusi gli incidenti stradali in occasione di lavoro, poiché molti Paesi – in particolare quelli anglosassoni – non li registrano come infortuni da lavoro ma come eventi connessi alla circolazione stradale.

Il confronto con Francia, Spagna e Germania

Stando a questi indicatori, per quanto riguarda gli infortuni in generale, l’Italia presenta tassi significativamente inferiori alla media europea: nel 2022 il tasso è stato pari a 96,8 casi ogni 10.000 occupati, contro una media UE di 134,2, e molto al di sotto dei valori registrati in Francia (245,4), Spagna (237,1) e Germania (153,5). Questo risultato può riflettere sia una reale minore incidenza, sia una differente propensione alla denuncia e una diversa struttura produttiva.

Casi mortali, l’incidenza dell’Italia è superiore a quella della Germania

Con riferimento ai casi mortali, nel 2022 l’Italia ha registrato un’incidenza di 0,87 infortuni mortali ogni 100.000 occupati, un valore inferiore rispetto alla media UE-27 (1,26) e a quello di Francia (3,35) e Spagna (1,53), ma superiore alla Germania (0,61). L’Italia ha storicamente mantenuto un’incidenza di infortuni mortali inferiore alla media europea, sebbene con un’anomalia nel biennio 2020-2021, dovuta all’inclusione – condivisa solo con Spagna e Slovenia – dei contagi da Covid-19 tra gli infortuni sul lavoro, mentre la maggior parte degli altri Stati li ha classificati come malattie professionali o malattie comuni. Nel solo 2020, in Italia, un terzo dei decessi sul lavoro è stato attribuito al Covid-19, e oltre un quinto nel 2021, con un impatto rilevante sull’innalzamento del tasso.

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