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Notiziario

Il ministro della Cultura, per 8 anni alla vicedirezione del Tg1 e 4 anni alla direzione del Tg2 parla della Rai in un intervento pubblico e dice: “È espressione della pastorizzazione del pensiero. Venivo censurato quotidianamente per il mio spirito critico”.

Dall’ottobre del 2022 è ministro della Cultura, ma prima Gennaro Sangiuliano ha avuto una lunghissima esperienza in Rai, dove ha ricoperto cariche di spicco, prima come vicedirettore del Tg1 per circa 9 anni e poi come direttore del Tg2 per 4 anni. Eppure il ministro non annovera l’esperienza professionale nel servizio pubblico come qualcosa di positivo:Quando ero in Rai venivo censurato quotidianamente“.

Le parole del ministro Sangiuliano sulla Rai

Sono parole che Sangiuliano ha pronunciato nel corso del suo intervento al convegno “Verso il G7: IArischi e opportunità”. Il ministro, che in particolare negli anni alla direzione del Tg2 ha espresso una linea editoriale molto prossima alle posizioni di quella che sarebbe diventata l’attuale maggioranza di centrodestra, ha aggiunto: “Sono sempre stato per natura uno spirito critico e ho fatto battaglie in questo senso”. Gennaro Sangiuliano ha quindi aggiunto un commento sprezzante sul servizio pubblico e sul contesto a quanto pare paludoso che caratterizza gli ambienti della prima azienda culturale del Paese: La Rai è espressione della pastorizzazione del pensiero, della banalità fatta pensiero. Ogni pensiero critico veniva censurato”. 

Sangiuliano sulla Rai nel 2022: “Riaffermare un pensiero di destra forte”

Un’azienda sulla quale Sangiuliano intende incidere con la sua azione, visto che aveva parlato del servizio pubblico in una delle sue prime uscite pubbliche da ministro, affermando di puntare a una Rai nella quale riaffermare un “pensiero di destra forte e autorevole che la sinistra ha sempre voluto nascondere”.

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In quell’occasione, un’intervista al Giornale, Sangiuliano aveva parlato anche alla distribuzione dei fondi del cinema: “L’erogazione di questi fondi è stata assolutamente unilaterale: si finanziavano film che fossero coerenti con una certa narrazione culturale della società italiana, della nazione e del mondo. Io, invece, voglio una cultura plurale. Come dice Marcello Veneziani bisogna rompere la cappa. Tutti devono avere pari dignità di esprimersi: non voglio sostituire a un’egemonia di sinistra un’egemonia di destra con un’operazione sostitutiva, ma voglio aggiungere. Se qualcuno vuole fare un film su D’Annunzio o su Pirandello, deve poterlo fare liberamente”.

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