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Notiziario

Nel 2024, 109 donne sono state uccise in Italia, con un femminicidio ogni tre giorni. Nonostante un lieve calo rispetto all’anno precedente, la violenza maschile contro le donne continua a dilagare, alimentata da disuguaglianze radicate e una cultura patriarcale che non trova ancora risposte adeguate.

Un anno fa, il femminicidio di Giulia Cecchettin scuoteva l’Italia, spingendo migliaia di donne a scendere in piazza per denunciare la violenza maschile contro le donne, che continua a permeare la nostra società. Ni una mas”, non una di meno, un verso della poetessa e attivista messicana Susana Chávez Castillo, diventato simbolo della lotta femminista globale, ha rappresentato così in fretta il grido di protesta che ha attraversato le strade delle città italiane.

Giulia Cecchettin, 22 anni, è stata uccisa l’11 novembre 2023 nel parcheggio del Comune di Fossò, in provincia di Venezia, dal suo ex fidanzato, Filippo Turetta. Il giovane, che l’aveva perseguitata dopo la fine della loro relazione, l’ha accoltellata 75 volte. Pochi giorni dopo la sua morte, la sorella, Elena Cecchettin, in un intervento carico di dolore e rabbia, denunciava con queste parole: “Il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, non ci protegge. Non è un delitto passionale, ma un delitto di potere. Non si tratta di eccezioni o di azioni compiute da mostri, perché un mostro è una figura estranea alla società, qualcuno di cui la società non deve sentirsi responsabile. Ma la responsabilità c’è. I mostri non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro”.

A un anno di distanza, quelle parole risuonano come una denuncia della realtà ancora oggi intatta. La violenza contro le donne non è mai un caso isolato, ma il risultato di disuguaglianze radicate, stereotipi di genere e una cultura patriarcale che favorisce il controllo e la sopraffazione. I dati del Ministero dell’Interno 2024 lo confermano: ogni tre giorni, una donna viene uccisa da un uomo. Solo nel 2024 sono stati 109 i femminicidi in Italia. Nonostante una lieve diminuzione degli omicidi rispetto all’anno precedente, la violenza di genere continua a rappresentare una tragedia che attraversa la nostra società, sostenuta da un sistema che non riesce forse ancora a garantire protezione e sicurezze concrete per le donne.

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I dati del 2024

Le statistiche ufficiali non adottano la definizione di femminicidio, e questo rende le analisi più difficili. Tuttavia, permettono di differenziare le vittime sulla base del tipo di relazione con l’autore. Nel 2024, secondo il ministero dell’Interno, si sono registrati 300 omicidi, con 109 vittime donne. Di queste, 95 sono state uccise in contesti familiari o affettivi, e 59 hanno perso la vita per mano di un partner o ex partner. Nonostante un lieve calo rispetto al 2023, quando le vittime femminili erano state 116, la situazione rimane allarmante: in Italia, una donna viene uccisa ogni tre giorni.

Gli omicidi complessivi sono diminuiti del 9% rispetto al 2023, passando da 331 a 300. Tuttavia, i delitti in ambito familiare restano stabili (145), così come il numero delle donne uccise in questi contesti (95). Gli omicidi commessi da partner o ex partner sono leggermente scesi da 69 a 68, con 59 vittime donne rispetto alle 63 dell’anno precedente (-6%).

Dietro le statistiche, emergono altre tendenze preoccupanti: aumentano le vittime straniere, ma quasi la metà di loro (45,8%) è stata uccisa da uomini italiani. Solo il 4% dei femminicidi con vittime italiane è stato commesso da stranieri. Ancora più allarmante è il silenzio che avvolge la violenza: solo l’11% delle donne denuncia gli abusi, e il 40% non ne parla con nessuno, spesso perché considera queste situazioni normali o inevitabili.

L’Osservatorio nazionale di Nudm denuncia che nel 2024 le regioni con le percentuali più alte di femminicidi in Italia sono Lombardia, Lazio e Sicilia, con rispettivamente il 14,4%, 12,5% e 9,6% del totale. Roma risulta essere la provincia con il maggior numero di donne uccise, circa 10.

Le storie dietro ai numeri

Le vicende di Giulia Cecchettin, rapita e uccisa con 75 coltellate dal suo ex fidanzato, Giulia Tramontano, uccisa dal fidanzato con 37 coltellate quando era incinta di sette mesi, così come quella di Gisèle Pelicot, per anni drogata dal marito che l’ha fatta stuprare da decine di uomini, non sono solo eventi isolati, ma casi simbolici che hanno riacceso il dibattito pubblico. Ma non sono le uniche. Nel corso del 2024, l’Italia ha tristemente registrato una serie di femminicidi che hanno segnato il paese, mettendo in luce la persistente violenza di genere. Il 2024 è iniziato con il brutale femminicidio di Rosa D’Ascenzo, 71 anni, spinta giù dalle scale dal marito Giulio Camilli, 73 anni, in un casolare a Sant’Oreste, vicino Roma. Nonostante il tentativo di giustificare la morte come una caduta accidentale, le evidenti ferite sulla testa della donna smentirono la versione del marito, che venne arrestato dopo le indagini.

Il 13 febbraio, un altro tragico episodio di violenza ha scosso Cisterna di Latina. Nicoletta Zomparelli e sua figlia Reneé Amato furono uccise da Christian Sodano, un giovane di 27 anni, dopo che la fidanzata, Desireé Amato, decise di lasciarlo. In un impeto di rabbia, il giovane entrò in casa con la pistola e, non riuscendo ad accettare la separazione, uccise le due donne che cercavano di difendere la ragazza.

Il 16 marzo, a Roma, Li Xuemei, una donna di 37 anni, fu assassinata dal marito durante una violenta discussione. La figlia della coppia, di soli 5 anni, dormiva nella stanza accanto. La morte della donna, uccisa con una coltellata, fu un altro caso di femminicidio che ha scosso la capitale.

Nel mese di aprile, a Ostia, una donna brasiliana di 46 anni, Cristiane Angelina Soares De Souza, perse la vita dopo essere precipitata dal quarto piano di un edificio. Il suo compagno, con cui viveva da poco, confessò il femminicidio.

Il 10 maggio, Francesca Deidda, una donna di 34 anni proveniente da San Sperate, in Sardegna, scomparve misteriosamente. Il suo corpo fu trovato il 18 luglio, nascosto in un borsone. La morte avvenne per mano del marito, Igor Sollai, che, dopo mesi di negazioni, confessò l’omicidio il 22 novembre, ammettendo di aver ucciso la moglie mentre dormiva.

Il 14 giugno, a Pozzuolo Martesana, un altro caso di femminicidio: Hanna Herasimchyk, 46 anni, di origini bielorusse, fu trovata morta nell’appartamento che condivideva con il compagno, accusato di averla uccisa durante una lite. Anche in questo caso, l’uomo confessò il femminicidio.

Infine, il 29 luglio, a Terno d’Isola, in provincia di Bergamo, Sharon Verzeni, 33 anni, fu accoltellata mentre faceva una passeggiata. L’assassino, un uomo di 31 anni mai visto prima dalla vittima, fu arrestato grazie alle telecamere di videosorveglianza, che lo incastrarono.

Nel corso dello stesso anno, almeno tre donne sono state uccise a causa del malfunzionamento del braccialetto elettronico indossato dai loro aggressori, evidenziando le gravi lacune di un sistema di protezione che avrebbe dovuto garantirne la sicurezza.

Il ruolo dei servizi di supporto

Nonostante il crescente impegno dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio, la domanda supera l’offerta. Secondo i dati del CNEL, nel 2022 circa 20.000 donne si sono rivolte a queste strutture, il cui numero è quasi raddoppiato dal 2017, passando da 454 a 816. Questo aumento di richieste sottolinea quanto la violenza di genere sia ancora profondamente radicata nella società italiana.

La situazione in alcune aree, come Roma e il Lazio, è poi preoccupante anche per quanto riguarda i servizi di supporto alle donne. I consultori, luoghi fondamentali di ascolto e autodeterminazione, sono in calo. Per le donne che vogliono abortire, nel Lazio non esiste un portale istituzionale con informazioni sugli obiettori di coscienza negli ospedali. Sebbene esista una media regionale, le mappature struttura per struttura sono effettuate da enti e associazioni del terzo settore per colmare questa lacuna.

Nel 2021, il Consiglio regionale del Lazio ha approvato misure per migliorare l’accesso ai servizi per l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg), ma mancano ancora informazioni dettagliate sul percorso dell’Ivg, la mappa dei consultori e delle strutture ospedaliere, e i dati specifici sugli obiettori di coscienza. Anche documenti necessari e relazioni annuali non sono ancora facilmente accessibili.

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