Storie Web sabato, Maggio 18
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Da circa un quinquennio a questa parte invece i musulmani vengono sistematicamente raffigurati come terroristi, fiancheggiatori del Pakistan o praticanti della “love jihad”, una teoria cospirativa secondo cui userebbero l’arma della seduzione per convertire all’Islam le induiste (The Kerala Story, 2023). Materiale apparentemente più adatto al lettino dello psicanalista che a film e comizi, ma il clima politico è quello che è.

Photo by Samir Jana/Hindustan Times via Getty Images

In mezzo a una produzione così copiosa non mancano pellicole ancora più scopertamente politiche e attuali come Article 370 (2024) che celebra la decisione del governo in carica di revocare l’autonomia del Kashmir, l’unico Stato dell’Unione (oggi ex, dato che è stato diviso in due Territori gestiti in parte da New Delhi) a maggioranza musulmana.

L’epoca in cui il Kashmir era parte integrante dell’industria cinematografica indiana perché usato come sfondo di film d’amore è sempre più lontana. Oggi è diventato materiale narrativo – e di propaganda politica – come nella pellicola del 2022, The Kashmir Files, che in virtù del fatto di raccontare le violenze subite dalla comunità hindu negli anni 90 ha ricevuto una serie di agevolazioni fiscali in Uttar Pradesh, Gujarat, Madhya Pradesh, Bihar, Uttarakhand e Goa. Tutti Stati governati dal Bjp di Narendra Modi.

Il regista Vivek Agnihotri e l’attrice indiana Pallavi Joshi alla conferenza stampa del film “The Kashmir Files” ( Photo by Sonu Mehta/Hindustan Times via Getty Images)

A moltiplicare l’effetto propagandistico di questo tipo di film – non tutti di successo, soprattutto sui mercati arabi – ci pensa anche la Rete. Non tanto con la pirateria, quando attraverso trailer, un formato narrativo che predata i social, ma che sembra fatto apposta per essere scambiato sulle piattaforme. Alcuni di questi riassuntini sembrano montati per concentrare in due minuti, non importa in maniera quanto ridondante, il messaggio politico della pellicola, anche a costo di risultare involontariamente comici. Per rendersene conto basta guardare quello splatter di Bastar – A Naxal Story, o quello iperpatriottico di Fighter.

Poi c’è il caso di The Sabarmati Report, pellicola su una strage di pellegrini induisti, originariamente programmata per venerdì 3 maggio, quattro giorni prima del voto in Gujarat, lo Stato che è stato teatro delle vicende raccontate nel film. Tutto rimandato ad agosto. Probabilmente era troppo anche per l’India del 2024.

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