La capacità di incidere sulle decisioni della Commissione europea per uno Stato membro non dipende solo dal peso e dalla personalità del commissario inviato a Bruxelles, ma anche dalle posizioni chiave occupate nei 27 gabinetti, dalla presidenza in giù. Ursula von der Leyen ha fissato linee guida precise per la composizione dei gabinetti che devono essere massimo di nove persone di cinque nazionalità diverse, non più di tre della stessa del commissario e mantenendo l’equilibrio di genere. In questa partita, le posizioni che contano sono quelle dei capi di gabinetto e dei loro vice. Quando sono davvero bravi, sono molto più di un alter ego degli stessi commissari, in grado di guidarli nella complessità della macchina istituzionale comunitaria, negoziano i diversi dossier dietro le quinte, indirizzano le decisioni e si battono quando serve per sostenere le politiche del commissario.
Germania batte Italia e Francia…
Fatta questa lunga premessa, arriviamo al punto. I team della commissione 2024-2029 sono quasi completi, frutto di laboriosi e complessi negoziati tra le ambasciate (i rappresentanti permanenti), le strutture di partito, gli stessi commissari designati, sponsor vari e ovviamente i diretti interessati. La Germania, (ancora una volta) è uscita vincitrice da questa partita. Tedeschi, infatti, sono quattro capi di gabinetto su 27, compreso Bjorn Siebert confermato alla guida della squadra di Ursula.
La Francia e l’Italia ne hanno uno a testa, quello del “proprio” commissario, rispettivamente Stéphane Sejourné all’Industria e Raffaele Fitto alla Coesione, che sono anche vicepresidenti. E’ andata meglio all’Olanda che ne ha ottenuti due: quello del commissario olandese Wopke Hoekstra (Clima e crescita pulita) e quello del lussemburghese Christophe Hansen (Agricoltura e food).
Rispetto alla scorsa legislatura peso dimezzato per l’Italia che ha perso una posizione: oltre a quello di Gentiloni, era italiano anche Stefano Grassi, capo di gabinetto dell’ex commissaria all’Energia l’estone Kadri Simson che ha gestito (con successo) la crisi energetica dal 2022 in poi.
Non tutti i portafogli hanno lo stesso peso. La gara è ad assicurarsi le posizioni nevralgiche nell’architettura istituzionale europea, per assicurare allo Stato membro una adeguata capacità d’influenza sui dossier che contano.
Chi ha scelto di affidarsi ai tedeschi
A capi di gabinetto tedeschi si sono affidati, oltre ovviamente alla von der Leyen, anche lo slovacco Maroš Šefčovič (Commercio e sicurezza economica) che ha scelto Bernd Biervert; il lettone Valdis Dombrovskis che ha preso il posto di Paolo Gentiloni agli Affari economici (portafoglio ribattezzato Economia e produttività) e ha confermato come capo del team Michael Hager; e Ekaterina Zaharieva, bulgara responsabile di Startup e innovazione che ha scelto Andreas Schwarz.
La situazione per l’Italia non migliora se si guarda anche ai “deputy”: solo due posizioni, Francesca Arena con il cipriota Costas Kadis (Pesca e oceani) e Pierpaolo Settembri con il greco Tzitzicostas (Trasporti sostenibili e turismo), due portafogli che ricadono sotto le competenze del vicepresidente Fitto.
I vice capi di gabinetto francesi sono sei, compreso il numero due della presidenza, Alexandre Adam, sherpa europeo di Emmanuel Macron: arrivato a settembre è considerato il prezzo pagato dalla von der Leyen per la cacciata di Thierry Breton. Nel gabinetto della presidenza è stata confermata anche l’italiana Valeria Miceli. I vice francesi diventano sette contando anche la franco-tedesca Estelle Göger che lavorerà con Sejourné. La Germania si è “accontentata” di quattro posizioni (Industria, Clima, Diritti e competenze, Giustizia e stato di diritto).