Storie Web domenica, Giugno 23
Notiziario

I numeri della rivoluzione verde

Il 32% dei veicoli «made in China» oggi è dotato di batterie e – per quanto l’Occidente tema un’invasione di auto elettriche cinesi e risponda con dazi – la maggior parte è venduta sul mercato domestico: 8,3 milioni di unità (pari a ben un terzo delle immatricolazioni totali) su una produzione di 9,5 milioni nel 2023, secondo cifre citate da Carbon Brief.

Un forte contributo al declino delle emissioni di CO2 del gigante asiatico è arrivato dalla crisi del settore immobiliare, in forte contrazione da oltre due anni. In marzo la produzione cinese di acciaio è diminuita dell’8%, quella di cemento addirittura del 22%: entrambi i settori sono molto energivori e difficili da decarbonizzare. Lo sforzo di controllare la bolla del real estate ha inoltre liberato capitali, agevolando l’accesso a finanziamenti (sia pubblici che privati) per il settore cleantech, su cui Pechino ha deciso di puntare con una precisa strategia politica.

Come tutti i Paesi emergenti, la Cina è chiamata ad una sfida particolarmente difficile: ridurre le emissioni climalteranti senza compromettere lo sviluppo economico e sociale, che porta inevitabilmente ad un maggiore fabbisogno di energia. Ma a differenza di altri, la Cina è Paese potente, governato con metodi dirigisti, obiettivi chiari e una rigida programmazione. Ed è riuscita con pazienza e lungimiranza a trasformare la sfida in un’opportunità di business.

Per Pechino la transizione energetica (in patria e non solo) oggi è diventata una priorità, anche – o forse soprattutto – perché le permette di fare ottimi affari: addirittura serve a puntellare la sua economia, sostenendo la crescita ora che ha perso la stampella del real estate. Una filosofia resa esplicita dal Governo, che ha indicato l’industria dell’energia solare, quella delle batterie e quella dell’auto elettrica come i tre nuovi driver della crescita – ancora ostinatamente affidata al settore manifatturiero– al posto dei tre vecchi pilastri del tessile/abbigliamento, degli elettrodomestici e dei mobili.

L’impatto sul Pil

Le tecnologie pulite nel 2023 hanno contribuito per 1.600 miliardi di dollari all’economia cinese, una cifra salita del 30% rispetto all’anno precedente, evidenzia l’analisi pubblicata da Carbon Brief. Il cleantech ha rappresentato il 9% del Pil, garantendo il 40% della crescita, che altrimenti non avrebbe centrato gli obiettivi del Governo, fermandosi al 3% anziché spingersi «intorno al 5%» (il risultato finale è stato un +5,2%). Se gli investimenti nel Paese sono aumentati è merito esclusivo delle industrie “verdi”, che l’anno scorso hanno attirato 890 miliardi di dollari: una cifra paragonabile al Pil della Svizzera.

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