Il tema del riarmo Ue è di grande attualità. Tra pochi giorni, in occasione del vertice tra i capi di Stato e di governo dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord in programma all’Aia il 24-25 giugno, la Nato chiederà agli paesi membri di alzare l’asticella, e di destinare un 3,5% del Pil all’anno per gli armamenti, il restante 1,5% per investimenti strategici in infrastrutture, industria e sicurezza. Secondo il segretario generale della Nato Mark Rutte, l’Alleanza atlantica deve «aumentare del 400%» la sua capacità di difesa aerea e missilistica in risposta alla minaccia russa. E proprio Rutte sarà ricevuto giovedì 12 giugno a Roma dalla premier Giorgia Meloni. Ogni governo è chiamato a definire la sua strategia.
Nella convinzione che se da una parte investire nell’industria della difesa produce reddito nazionale e occupazione, dall’altra questo tipo di investimento rappresenta oggi la principale opportunità che ha l’Italia per avanzare nella ricerca tecnologica e agganciare l’innovazione industriale che sta trasformando l’economia civile. È un po’ questo il messaggio del paper “Difesa. l’industria necessaria”, presentato oggi, lunedì 9 giugno, dalla Fondazione Luigi Einaudi. Insieme al settore biotecnologico e farmaceutico ed a quello delle tecnologie dell’informazione e comunicazione, i settori industriale, aerospaziale e della Difesa, per loro natura, investono moltissimo nella ricerca scientifica e tecnologica, e tutto questo presuppone il raggiungimento di standard di qualità e affidabilità molto elevati.
Alla presentazione dell’indagine è intervenuto, tra gli altri, il ministro della Difesa Guido Crosetto. «In questo momento l’Europa è il vecchio ricco che tutti hanno interesse a spolpare», ha sottolineato. «La complessità della difesa in questo periodo è dover comporre un quadro che va dalle tecnologie più elevate, perché la corsa attraverso l’intelligenza artificiale, attraverso il quantum computing ha sfide sempre più difficili e sempre più complesse, quelle spaziali, quelle sui fondali marini, le guerre combattute da droni intelligenza artificiale o robot umanoidi, cose che sembravano fantascientifiche diventano sempre più reali, e dall’altra parte in Ucraina abbiamo la guerra combattuta da esseri umani nelle trincee uguali a quelle della Prima guerra mondiale. Abbiamo una fotografia della realtà in cui c’è tutto: ci siamo accorti che è fondamentale tanto la tecnologia quanto la quantità di produzione, quanto il costo basso per frontaggiare minacce che hanno costi bassi. Voi pensate – ha spiegato – che una nave americana la settimana scorsa per respingere un attacco portato avanti da ottanta droni degli Houthi da qualche migliaio di euro l’uno ha sparato 80 missili che costavano una media di due milioni di euro l’uno. Pensate che il primo attacco di Israele ha avuto un costo di un miliardo per difendere il Paese in quelle tre ore. Abbiamo bisogno di un elevatissimo livello di tecnologia e di cose che cose che costano pochissimo, da poter utilizzare contro cose che costano pochissimo. C’è un tema di sicurezza e difesa molto complesso, che va giocato su più piani».
Alla presentazione è intervenuto anche Lorenzo Guerini. Il presidente del Copasir si è soffermato sulla solidarietà occidentale: «È stata un pilastro delle relazioni internazionali negli ultimi decenni e vederla messa in discussione o affrontata in questo modo è un tema che non può essere vissuto con un’alzata di spalle, come un tema ordinario. Siamo in una fase straordinaria e non bastano le solite frase sull’amicizia, sulla storia e sui valori comuni – ha aggiunto Guerini -. In questo momento non si devono nascondere i problemi con i quali siamo chiamati a confrontarci, che rendono ancora più importante il quadro delle scelte che siamo chiamati a realizzare» che «sul piano politico è trovare il modo di dare e rilanciare una nuova prospettiva strategica nel quadro della Nato. La discussione del prossimo summit Nato non può essere solo l’irrealistico tema del 5%, a meno che non facciamo operazioni di maquillage di spesa che poi non hanno a che fare con la realtà. Il tema non è fissare irrealistici obiettivi» sugli investimenti nella Difesa, «come abbiamo fatto nel 2014. Non penso basti ora, invece bisogna lavorare a un realistico rafforzamento delle capacità militari, nazionali e europee, in un nuovo quadro strategico dell’Alleanza atlantica, con un rafforzamento del pilastro europeo dell’Alleanza e delle scelte che l’Europa deve fare, in tante direzioni. Il quadro con cui ci confrontiamo, soprattutto la consapevolezza delle lacune, richiede scelte e responsabilità. Parlare di autonomia strategica europea senza parlare di investimenti in Difesa, di industria della Difesa, soprattutto tecnologica, è parlare di nulla. Servono scelte, investimenti, e spiegare all’opinione pubblica», ha concluso Guerini.
«Negli anni – ha ricordato Giuseppe Benedetto, presidente di Fondazione Luigi Einaudi – ci siamo accomodati nel nostro benessere, ignorando che nuove barriere, meno visibili, ma altrettanto profonde, sorgevano a est del nostro continente. Mentre ci illudevamo che la storia fosse finita, altri scrivevano un nuovo capitolo, fatto di guerra ibrida, manipolazione culturale e attacchi silenziosi alla coesione delle nostre democrazie. Non si tratta più soltanto di conflitti armati ma di una lotta quotidiana per la difesa di quei valori che davamo per scontati, acquisiti. È tempo che l’Europa prenda atto delle minacce esterne e delle sue debolezze interne».