Michel Barnier ci crede ancora. Deve crederci. Il suo ruolo, il suo ufficio lo impongono: può sopravvivere alla sfiducia. «Lo spero ed è possibile», ha detto ieri in un’intervista a TF1 e France 2. Mercoledì 4 dicembre è previsto il voto di censure, a scrutinio palese, che quasi certamente farà cadere il suo governo. La seduta dell’Assemblée inizierà alle 16, si voterà in serata.
Andare al di là delle differenze politiche
Barnier ha fatto quindi di nuovo appello alle forze politiche, ha invocato «un riflesso di responsabilità al di là delle differenze politiche». Ha ricordato anche come nella mozione presentata dalla sinistra si parli delle «più vili ossessioni» del Rassemblement national, chiedendosi come potessero votarla i lepenisti, con quale rispetto per i loro elettori.
«Je m’en fous»
In gioco, ha detto, «non è la mia sopravvivenza politica: sono fiero, molto onorato di essere primo ministro» ma, ha aggiunto, «delle decorazioni in oro che sono attorno a noi (nella sala di Palazzo Matignon dove si è svolta l’intervista, ndr), delle auto ufficiali, degli ori della Repubblica, je m’en fous». Non ha voluto inoltre candidarsi per un secondo mandato: «Ho desiderio di servire; ma che senso avrebbe? Che se cado ora, mi si ritroverebbe come se niente fosse, come se non fosse accaduto nulla?».
Imposte in aumento
In gioco c’è ben altro, ha spiegato. Senza una legge di bilancio, saranno cancellate le revisioni agli scaglioni dell’imposta sul reddito: diciotto milioni di famiglie dovranno versare di più allo Stato (si calcola 2mila-2.500 euro nel 2025), mentre 400mila persone che erano esenti perché meno abbienti inizieranno a pagare. Gli agricoltori vedranno cadere nel nulla le misure ottenute durante le loro proteste, non sarà varata la politica dei tassi zero per le iniziative edilizie. Ci saranno tensioni sui rendimenti e dovranno essere destinate maggiori risorse al pagamento degli interessi.
L’ultima concessione negata
Incalzato dai giornalisti, il primo ministro ha avuto qualche difficoltà a rispondere sul tema del rinvio delle indicizzazioni delle pensioni: l’ultima concessione, delle tante ottenute, chiesta dal Rassemblement national e negata da Barnier. Sarebbe costata tre miliardi (ma, va aggiunto, le correzioni fatte finora al bilancio hanno un valore di 10 miliardi). Ha però ricordato che il 43% dei pensionati, tra cui gli agricoltori, sarebbero stati protetti da questa misura; e che allo studio del governo c’erano riforme sulla previdenza delle donne, sui lavori usuranti sulle pensioni progressive (che permetterebbero lavori part time a fine carriera).