Fanpage.it ha intervistato lo scrittore e conduttore radiofonico Nicola Lagioia, dopo la vicenda della querela da parte del ministro dell’istruzione Valditara che lo vede protagonista. Lagioia: “Se la libertà espressiva ha un perimetro più stretto di quello delimitato da cose come quelle che ho detto io, allora ci dobbiamo preoccupare”.
Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha presentato un atto di citazione in giudizio per diffamazione contro lo scrittore Nicola Lagioia, per una battuta ironica, avvenuta a marzo, in televisione. La richiesta di risarcimento da ben 20mila euro ha portato così alla luce un tema importante, quello della libertà di parola e delle conseguenze legali che possono derivare da un semplice commento sarcastico, percepito come un’offesa da un interlocutore politico.
“La notte prima di ricevere la lettera ero a Bologna perché la trasposizione teatrale del mio libro, La Ferocia, ha vinto quatto premi Ubu. Sono tornato a casa, stanco ma molto felice. Ho trovato questa comunicazione e ne sono rimasto molto stupito. Era una cosa che risaliva a marzo. Il ministro ha detto che c’è stato un tentativo di conciliazione, ma non mi è mai arrivato, non mi è stato consegnato”, racconta a Fanpage.it Nicola Lagioia, che ha aggiunto: “La mia è stata una grande sorpresa, ho anche riguardato quel filmato, per capire cosa avessi detto allora, e mi è sembrato, e mi pare tuttora, che ciò che ho detto rientri nella libertà di pensiero e di espressione che è tutelata dalla Costituzione. Non ho offeso il ministro, l’ho criticato prendendo in giro in maniera, a mio parere, per nulla violenta, il suo tweet, come è nel gioco delle parti. Da scrittore ho ricevuto stroncature su come scrivo ben più pesanti di quelle che ho fatto io. Ma la mia non era, ovviamente, una puntura gratuita nei confronti del ministro, perché sollevava un tema molto importante”.
Il tweet di Valditara, a cui si riferisce lo scrittore, risalente al 28 marzo 2024, aveva già suscitato diverse reazioni a causa della sua formulazione. Il ministro sosteneva la proposta di fare sottoporre gli studenti stranieri a un test di lingua italiana al momento dell’iscrizione alla scuola, per valutare il loro livello di conoscenza e, se necessario, attivare corsi aggiuntivi obbligatori. La proposta, seppur criticata da molti, era stata allora inclusa in un decreto ministeriale.
Cosa ha detto Nicola Lagioia su Valditara e perché il ministro l’ha querelato per diffamazione
Il tweet, tuttavia, presentava una struttura grammaticale poco chiara, con un lungo periodo privo di punteggiatura adeguata. A seguito delle critiche online, Valditara aveva risposto scusandosi e spiegando che il tweet era stato scritto velocemente dal proprio cellulare, e che la sua attenzione era più sul contenuto che sulla forma.
“Se ci fosse la lingua italiana come accesso alla cittadinanza…Se partecipassero, diciamo così, agli esami, probabilmente Valditara lo fallirebbe e molti di questi studenti invece passerebbero. Facciamo il test di italiano al ministro. Ma lo ha già cannato eh”, così aveva commentato Nicola Lagioia il 30 marzo, nel programma Chesarà in onda su Rai3.
“Nel momento in cui io dico che un ragazzo o una ragazza nato/a in Italia, da genitori stranieri, potrebbe passare il test di italiano meglio del ministro o meglio di me, aggiungo adesso, meglio di me, – sarebbe stato bello se lo avessi detto quel giorno -, che cosa dovrebbe succedere?”, dice Lagioia, che chiarisce: “Quello è un auspicio. Quello vuol dire che le scuole e la società avrebbero svolto un ruolo di integrazione in maniera eccellente. Se io me lo trovassi davanti quel ragazzo o quella ragazza io sarei orgoglioso. Perché significherebbe che il mio Paese ha lavorato benissimo a livello scolastico. Pensate se ci dovessimo trovare difronte, e prima o poi accadrà, se già non sta accadendo, all’equivalente italiano di che cosa è stato Salaman Rushdie per la Gran Bretagna”.
Salman Rushdie è uno scrittore anglo-indiano noto per il romanzo I versi satanici (1988), che suscitò forti polemiche per la sua rappresentazione della religione islamica. A causa di questo libro, l’Ayatollah Khomeini, leader politico e religioso dell’Iran, lanciò nel 1989 una fatwa, cioè una sentenza teoricamente vincolante per ogni musulmano, che condannava Rushdie a morte per blasfemia, spingendolo a vivere sotto protezione per anni. Per sfuggire alle minacce, Rushdie nel 1993 si rifugiò nel Regno Unito.
Nel 2022, Rushdie venne accoltellato durante un evento negli Stati Uniti da Hadi Matar, che si ispirò alla fatwa iraniana. Lo scrittore perse l’occhio destro e l’uso di alcune dita della mano. L’attentato mise in evidenza il continuo pericolo che Rushdie ha dovuto affrontare per la difesa della sua libertà di espressione e per la sua critica alle religioni.
“Se la libertà espressiva ha un perimetro più stretto di quello delimitato da cose come quelle che ho detto io, allora effettivamente c’è un motivo di grossa preoccupazione. Detto questo, il potere è sempre allergico alle critiche. Al di là della volontà del ministro, è che poi l’effetto è di intimidazione. Se si fanno cinque azioni temerarie a una persona, quella persona deve pagarsi gli avvocati, le spese legali ecc, ci penserà bene prima di rivolgere di nuovo un’altra critica”, dice Lagioia a Fanpage.it, riferendosi al rischio che subire azioni legali per semplici battute possa scoraggiare anche altri intellettuali dal fare critica sociale.
“La libertà di critica, è garantita dalla Costituzione indipendentemente dal temperamento di una persona. Uno particolarmente coraggioso, con una certa tempra, continuerà forse a esprimere liberamente la sua opinione, ma uno che è meno coraggioso, con spalle meno forti, può non essere più libero di esprimere la sua opinione, perché può venire querelato?”, dichiara Lagioia, che aggiunge: “Anche se uno su dieci intellettuali decidesse di non esprimere la propria opinione, perché ha visto come sono stati colpiti gli altri, questo è un problema grave per il dibattito, per la libertà espressiva. Spesso i potenti se lo dimenticano. Ma è nel gioco delle parti ricordaglielo”.
Questa vicenda si inserisce in un contesto più ampio di scontri tra Valditara, (e non solo), e altri intellettuali, come la controversia avuta con l’insegnante Christian Raimo, che aveva portato alla sospensione dal suo incarico per tre mesi. Sono tuttavia molti gli intellettuali e i giornalisti che lamentano un clima crescente di intimidazione, di attacchi diretti, di querele e di minacce, spesso provenienti da esponenti politici. Episodi che sembrano voler limitare la possibilità di esprimere opinioni critiche, alimentando una sorta di autocensura tra chi si occupa di informazione e cultura e chi invece fa parte dei “potenti”.
Tra gli episodi si ricordano i casi più noti, come quello dello scrittore Antonio Scurati, dei giornalisti Serena Bortone e Roberto Saviano e dello storico Luciano Canfora.
“In una democrazia, i politici dovrebbero essere grati della critica. Il potere è una cosa che naturalmente ti fa sentire di poterti allargare a dismisura, al di là delle persone. Il fatto che noi gli ricordiamo, anche attraverso queste frizioni, che in realtà il potere va amministrato in maniera che tuteli la discussione e quindi la democrazia e non che la soffochi, è importante. E forse da questa lite nascerà qualcosa di interessante. Altrimenti bisognerà prenderne atto”, dice Lagioia, che conclude: “Qualcosa è cambiato rispetto al passato. Non era mai successo prima, almeno io non ne ho ricordo, che cosi tanti intellettuali e scrittori fossero messi a tacere. Nella prima Repubblica poteva accadere, ma era difficile che Fanfani, Moro, Andreotti facessero queste cose qua. Non così, non in questo modo qui”.
L’udienza, tuttavia, è stata fisata per il 18 aprile 2025.