Storie Web venerdì, Giugno 6
Notiziario

Il Parmigiano Reggiano punta sul valore del brand per crescere all’estero e consolidare la sua collocazione premium. Nicola Bertinelli – riconfermato ad aprile alla guida del Consorzio di tutela della Dop – fa un paragone, tanto ambizioso quanto chiaro nell’indicare la direzione: «Di solito non si stappa una bottiglia di Champagne perché c’è bisogno di un bianco frizzante, magari per cucinare – dice – così il Parmigiano deve essere qualcosa che va oltre la sua funzione di mero prodotto, oltre il pezzo di formaggio, seppur ottimo. Deve aumentare la componente emozionale e valoriale che si porta dietro la ricchezza di un intero territorio».Il paragone nasce anche da una riflessione sulle prospettive di mercato: «In Italia, nel lungo periodo sarà difficile mantenere i consumi attuali, anche per sole ragioni demografiche – continua Bertinelli – . Oggi molte famiglie fanno fatica ad arrivare a fine mese e da grattugiare ci sono alternative più economiche. La crescita dovrà essere quindi all’estero. Lo Champagne 50 anni fa produceva circa lo stesso numero di bottiglie, ma ne esportava il 10%, ora vende fuori dalla Francia la maggior parte della produzione. Noi siamo già praticamente alla metà, ma in dieci anni potremmo arrivare a esportare l’80% delle forme di Parmigiano».Da un lato il Consorzio punta a un marcato cambio di direzione nella strategia di comunicazione, anche grazie all’aumento delle risorse stanziate e all’arrivo alla direzione marketing di Carmine Forbuso, che ha alle spalle esperienze in Campari, Ferrero e Procter & Gamble. Dall’altro sul mantenimento di un piano di regolazione dell’offerta adeguato agli obiettivi. «Crediamo che il giusto tasso di crescita per non inflazionare il prodotto sia di circa il 2% annuo, che vuol dire arrivare a produrre 4,7 milioni di forme nel 2031 e 4,9 nel 2035 – spiega Bertinelli –. Sul fronte marketing e comunicazione da qualche anno stiamo aumentando il budget. Passeremo dai 27 milioni del 2024 ai 30 del 2025, il 60% destinato all’estero. Ma i consorziati saranno chiamati a ottobre a decidere se alzare i contributi destinati a questo capitolo di spesa fondamentale».In passato l’accento è stato messo sull’eccellenza qualitativa del prodotto, dalla naturalità del Parmigiano alla sua ricchezza nutritiva. «Questi sono presupposti imprescindibili – precisa Bertinelli – ma per diventare un brand iconico serve un ulteriore passaggio dal punto di vista dell’esclusività (che non vuol dire per forza lusso) e appartenenza; dobbiamo trasmettere tutta la ricchezza del territorio, della storia e dal saper fare che si porta dietro il Parmigiano. Bisogna poi agire nella creazione di nuovi momenti di consumo, da promuovere oltre quelli tradizionali, ad esempio il Parmigiano può diventare anche una coccola salata prima di andare a dormire, al posto di un cioccolatino. Bisogna poi fidelizzare maggiormente alcune categorie di consumatori, come la fascia dai 20 ai 35 anni. Infine il Parmigiano deve diventare una destinazione turistica, sviluppando anche sinergie con le altre ricchezze del territorio, dalla motor valley alla musica. Stiamo investendo su caseifici che permettano l’accoglienza sul modello di quello che hanno fatto e stanno facendo le cantine». Un esempio concreto di successo di marketing territoriale viene da Caseifici Aperti, evento su cui quest’anno il budget è stato triplicato a 1,5 milioni di euro con il coinvolgimento di influencer e operatori specializzati.Al successo dello Champagne, come di molti vini italiani all’estero, hanno contribuito le singole etichette, mentre il Parmigiano non viene legato al singolo produttore: questo è un elemento che potrebbe influire negativamente sul percorso di crescita del brand. «Gli stagionatori in genere rilevano il prodotto dopo i primi dodici mesi, il che complica questo tipo di percorso. I caseifici che vendono direttamente sono solo il 15% – riflette il presidente del Consorzio – ma la diversificazione è in atto da tempo, attraverso ad esempio i diversi invecchiamenti, il tipo di razza da cui proviene il latte, la produzione bio o di montagna».Il giro d’affari al consumo del Parmigiano Reggiano ha toccato nel 2024 il massimo storico di 3,2 miliardi, quasi il 5% in più del 2023. Le vendite a volume sono cresciute sia in Italia (+5,2%) che, soprattutto, all’estero (+13,7%). La prima destinazione sono gli Usa con una quota di oltre un quinto dell’export e un aumento del 13% solo lo scorso anno. In attesa di capire il punto di caduta delle trattative, incombe la minaccia dei dazi, ma il Consorzio ha deciso di restare comunque in attacco.«Abbiamo aumentato il budget da 2,5 a 5,2 milioni – racconta Bertinelli – con azioni che puntano a entrare nel loro vissuto culturale. Siamo ad esempio sponsor della squadra di football americano New York Jets. Contiamo di mantenere il più possibile la nostra quota di mercato, perché stiamo consolidando un certo tipo di posizionamento, anche attraverso la creazione di una corporation di diritto Usa. È evidente che un aumento di prezzo influirà sulla domanda, ma noi oggi copriamo il 7% dei formaggi duri e molta parte dei clienti potrà continuare a comprarci. Entro un certo limite, è chiaro. , ma non si può però dire quale sia la soglia sopportabile, anche perché il quadro è molto complesso: se negli Usa cresce il sentiment negativo, se l’economia va in recessione e se il dollaro di indebolisce, il rischio è che questi fattori negativi vadano ad amplificare l’effetto dazi. Da inizio anno la variazione del cambio con il dollaro è stata equivalente a un aumento dei prezzi del 12%. Comunque è inutile il muro contro muro, potremmo invece aiutare a far crescere alcuni loro prodotti tipici che potrebbero diventare marchi tutelati, come ad esempio è successo per la Tequila messicana».Quali sono i mercati alternativi a cui guardare con più interesse? «In Europa del Nord stiamo andando molto bene, stiamo crescendo anche in Spagna. In Giappone abbiamo in corso un programma promozionale da 3 milioni con il contributo di fondi europei. In Canada nel primi mesi del 2025 il nostro export è esploso proprio perché i canadesi dopo il trattamento che ha riservato loro Trump non vogliono più il Parmesan».Il Parmigiano Reggiano punta sul valore del brand per crescere all’estero e consolidare la sua collocazione premium. Nicola Bertinelli – riconfermato ad aprile alla guida del Consorzio di tutela della Dop – fa un paragone, tanto ambizioso quanto chiaro nell’indicare la direzione: «Di solito non si stappa una bottiglia di Champagne perché c’è bisogno di un bianco frizzante, magari per cucinare – dice – così il Parmigiano deve essere qualcosa che va oltre la sua funzione di mero prodotto, oltre il pezzo di formaggio, seppur ottimo. Deve aumentare la componente emozionale e valoriale che si porta dietro la ricchezza di un intero territorio».Il paragone nasce anche da una riflessione sulle prospettive di mercato: «In Italia, nel lungo periodo sarà difficile mantenere i consumi attuali, anche per sole ragioni demografiche – continua Bertinelli – . Oggi molte famiglie fanno fatica ad arrivare a fine mese e da grattugiare ci sono alternative più economiche. La crescita dovrà essere quindi all’estero. Lo Champagne 50 anni fa produceva circa lo stesso numero di bottiglie, ma ne esportava il 10%, ora vende fuori dalla Francia la maggior parte della produzione. Noi siamo già praticamente alla metà, ma in dieci anni potremmo arrivare a esportare l’80% delle forme di Parmigiano».Da un lato il Consorzio punta a un marcato cambio di direzione nella strategia di comunicazione, anche grazie all’aumento delle risorse stanziate e all’arrivo alla direzione marketing di Carmine Forbuso, che ha alle spalle esperienze in Campari, Ferrero e Procter & Gamble. Dall’altro sul mantenimento di un piano di regolazione dell’offerta adeguato agli obiettivi. «Crediamo che il giusto tasso di crescita per non inflazionare il prodotto sia di circa il 2% annuo, che vuol dire arrivare a produrre 4,7 milioni di forme nel 2031 e 4,9 nel 2035 – spiega Bertinelli –. Sul fronte marketing e comunicazione da qualche anno stiamo aumentando il budget. Passeremo dai 27 milioni del 2024 ai 30 del 2025, il 60% destinato all’estero. Ma i consorziati saranno chiamati a ottobre a decidere se alzare i contributi destinati a questo capitolo di spesa fondamentale».In passato l’accento è stato messo sull’eccellenza qualitativa del prodotto, dalla naturalità del Parmigiano alla sua ricchezza nutritiva. «Questi sono presupposti imprescindibili – precisa Bertinelli – ma per diventare un brand iconico serve un ulteriore passaggio dal punto di vista dell’esclusività (che non vuol dire per forza lusso) e appartenenza; dobbiamo trasmettere tutta la ricchezza del territorio, della storia e dal saper fare che si porta dietro il Parmigiano. Bisogna poi agire nella creazione di nuovi momenti di consumo, da promuovere oltre quelli tradizionali, ad esempio il Parmigiano può diventare anche una coccola salata prima di andare a dormire, al posto di un cioccolatino. Bisogna poi fidelizzare maggiormente alcune categorie di consumatori, come la fascia dai 20 ai 35 anni. Infine il Parmigiano deve diventare una destinazione turistica, sviluppando anche sinergie con le altre ricchezze del territorio, dalla motor valley alla musica. Stiamo investendo su caseifici che permettano l’accoglienza sul modello di quello che hanno fatto e stanno facendo le cantine». Un esempio concreto di successo di marketing territoriale viene da Caseifici Aperti, evento su cui quest’anno il budget è stato triplicato a 1,5 milioni di euro con il coinvolgimento di influencer e operatori specializzati.Al successo dello Champagne, come di molti vini italiani all’estero, hanno contribuito le singole etichette, mentre il Parmigiano non viene legato al singolo produttore: questo è un elemento che potrebbe influire negativamente sul percorso di crescita del brand. «Gli stagionatori in genere rilevano il prodotto dopo i primi dodici mesi, il che complica questo tipo di percorso. I caseifici che vendono direttamente sono solo il 15% – riflette il presidente del Consorzio – ma la diversificazione è in atto da tempo, attraverso ad esempio i diversi invecchiamenti, il tipo di razza da cui proviene il latte, la produzione bio o di montagna».Il giro d’affari al consumo del Parmigiano Reggiano ha toccato nel 2024 il massimo storico di 3,2 miliardi, quasi il 5% in più del 2023. Le vendite a volume sono cresciute sia in Italia (+5,2%) che, soprattutto, all’estero (+13,7%). La prima destinazione sono gli Usa con una quota di oltre un quinto dell’export e un aumento del 13% solo lo scorso anno. In attesa di capire il punto di caduta delle trattative, incombe la minaccia dei dazi, ma il Consorzio ha deciso di restare comunque in attacco.«Abbiamo aumentato il budget da 2,5 a 5,2 milioni – racconta Bertinelli – con azioni che puntano a entrare nel loro vissuto culturale. Siamo ad esempio sponsor della squadra di football americano New York Jets. Contiamo di mantenere il più possibile la nostra quota di mercato, perché stiamo consolidando un certo tipo di posizionamento, anche attraverso la creazione di una corporation di diritto Usa. È evidente che un aumento di prezzo influirà sulla domanda, ma noi oggi copriamo il 7% dei formaggi duri e molta parte dei clienti potrà continuare a comprarci. Entro un certo limite, è chiaro. , ma non si può però dire quale sia la soglia sopportabile, anche perché il quadro è molto complesso: se negli Usa cresce il sentiment negativo, se l’economia va in recessione e se il dollaro di indebolisce, il rischio è che questi fattori negativi vadano ad amplificare l’effetto dazi. Da inizio anno la variazione del cambio con il dollaro è stata equivalente a un aumento dei prezzi del 12%. Comunque è inutile il muro contro muro, potremmo invece aiutare a far crescere alcuni loro prodotti tipici che potrebbero diventare marchi tutelati, come ad esempio è successo per la Tequila messicana».Quali sono i mercati alternativi a cui guardare con più interesse? «In Europa del Nord stiamo andando molto bene, stiamo crescendo anche in Spagna. In Giappone abbiamo in corso un programma promozionale da 3 milioni con il contributo di fondi europei. In Canada nel primi mesi del 2025 il nostro export è esploso proprio perché i canadesi dopo il trattamento che ha riservato loro Trump non vogliono più il Parmesan».
Il Parmigiano Reggiano punta sul valore del brand per crescere all’estero e consolidare la sua collocazione premium. Nicola Bertinelli – riconfermato ad aprile alla guida del Consorzio di tutela della Dop – fa un paragone, tanto ambizioso quanto chiaro nell’indicare la direzione: «Di solito non si stappa una bottiglia di Champagne perché c’è bisogno di un bianco frizzante, magari per cucinare – dice – così il Parmigiano deve essere qualcosa che va oltre la sua funzione di mero prodotto, oltre il pezzo di formaggio, seppur ottimo. Deve aumentare la componente emozionale e valoriale che si porta dietro la ricchezza di un intero territorio».Il paragone nasce anche da una riflessione sulle prospettive di mercato: «In Italia, nel lungo periodo sarà difficile mantenere i consumi attuali, anche per sole ragioni demografiche – continua Bertinelli – . Oggi molte famiglie fanno fatica ad arrivare a fine mese e da grattugiare ci sono alternative più economiche. La crescita dovrà essere quindi all’estero. Lo Champagne 50 anni fa produceva circa lo stesso numero di bottiglie, ma ne esportava il 10%, ora vende fuori dalla Francia la maggior parte della produzione. Noi siamo già praticamente alla metà, ma in dieci anni potremmo arrivare a esportare l’80% delle forme di Parmigiano».
Da un lato il Consorzio punta a un marcato cambio di direzione nella strategia di comunicazione, anche grazie all’aumento delle risorse stanziate e all’arrivo alla direzione marketing di Carmine Forbuso, che ha alle spalle esperienze in Campari, Ferrero e Procter & Gamble. Dall’altro sul mantenimento di un piano di regolazione dell’offerta adeguato agli obiettivi. «Crediamo che il giusto tasso di crescita per non inflazionare il prodotto sia di circa il 2% annuo, che vuol dire arrivare a produrre 4,7 milioni di forme nel 2031 e 4,9 nel 2035 – spiega Bertinelli –. Sul fronte marketing e comunicazione da qualche anno stiamo aumentando il budget. Passeremo dai 27 milioni del 2024 ai 30 del 2025, il 60% destinato all’estero. Ma i consorziati saranno chiamati a ottobre a decidere se alzare i contributi destinati a questo capitolo di spesa fondamentale».
In passato l’accento è stato messo sull’eccellenza qualitativa del prodotto, dalla naturalità del Parmigiano alla sua ricchezza nutritiva. «Questi sono presupposti imprescindibili – precisa Bertinelli – ma per diventare un brand iconico serve un ulteriore passaggio dal punto di vista dell’esclusività (che non vuol dire per forza lusso) e appartenenza; dobbiamo trasmettere tutta la ricchezza del territorio, della storia e dal saper fare che si porta dietro il Parmigiano. Bisogna poi agire nella creazione di nuovi momenti di consumo, da promuovere oltre quelli tradizionali, ad esempio il Parmigiano può diventare anche una coccola salata prima di andare a dormire, al posto di un cioccolatino. Bisogna poi fidelizzare maggiormente alcune categorie di consumatori, come la fascia dai 20 ai 35 anni. Infine il Parmigiano deve diventare una destinazione turistica, sviluppando anche sinergie con le altre ricchezze del territorio, dalla motor valley alla musica. Stiamo investendo su caseifici che permettano l’accoglienza sul modello di quello che hanno fatto e stanno facendo le cantine». Un esempio concreto di successo di marketing territoriale viene da Caseifici Aperti, evento su cui quest’anno il budget è stato triplicato a 1,5 milioni di euro con il coinvolgimento di influencer e operatori specializzati.
Al successo dello Champagne, come di molti vini italiani all’estero, hanno contribuito le singole etichette, mentre il Parmigiano non viene legato al singolo produttore: questo è un elemento che potrebbe influire negativamente sul percorso di crescita del brand. «Gli stagionatori in genere rilevano il prodotto dopo i primi dodici mesi, il che complica questo tipo di percorso. I caseifici che vendono direttamente sono solo il 15% – riflette il presidente del Consorzio – ma la diversificazione è in atto da tempo, attraverso ad esempio i diversi invecchiamenti, il tipo di razza da cui proviene il latte, la produzione bio o di montagna».
Il giro d’affari al consumo del Parmigiano Reggiano ha toccato nel 2024 il massimo storico di 3,2 miliardi, quasi il 5% in più del 2023. Le vendite a volume sono cresciute sia in Italia (+5,2%) che, soprattutto, all’estero (+13,7%). La prima destinazione sono gli Usa con una quota di oltre un quinto dell’export e un aumento del 13% solo lo scorso anno. In attesa di capire il punto di caduta delle trattative, incombe la minaccia dei dazi, ma il Consorzio ha deciso di restare comunque in attacco.
«Abbiamo aumentato il budget da 2,5 a 5,2 milioni – racconta Bertinelli – con azioni che puntano a entrare nel loro vissuto culturale. Siamo ad esempio sponsor della squadra di football americano New York Jets. Contiamo di mantenere il più possibile la nostra quota di mercato, perché stiamo consolidando un certo tipo di posizionamento, anche attraverso la creazione di una corporation di diritto Usa. È evidente che un aumento di prezzo influirà sulla domanda, ma noi oggi copriamo il 7% dei formaggi duri e molta parte dei clienti potrà continuare a comprarci. Entro un certo limite, è chiaro. , ma non si può però dire quale sia la soglia sopportabile, anche perché il quadro è molto complesso: se negli Usa cresce il sentiment negativo, se l’economia va in recessione e se il dollaro di indebolisce, il rischio è che questi fattori negativi vadano ad amplificare l’effetto dazi. Da inizio anno la variazione del cambio con il dollaro è stata equivalente a un aumento dei prezzi del 12%. Comunque è inutile il muro contro muro, potremmo invece aiutare a far crescere alcuni loro prodotti tipici che potrebbero diventare marchi tutelati, come ad esempio è successo per la Tequila messicana».
Quali sono i mercati alternativi a cui guardare con più interesse? «In Europa del Nord stiamo andando molto bene, stiamo crescendo anche in Spagna. In Giappone abbiamo in corso un programma promozionale da 3 milioni con il contributo di fondi europei. In Canada nel primi mesi del 2025 il nostro export è esploso proprio perché i canadesi dopo il trattamento che ha riservato loro Trump non vogliono più il Parmesan».

 

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