Storie Web martedì, Maggio 14
Notiziario

Papa Francesco in motoscafo con i canti che arrivano dai moli e l’alzaremi dei gondolieri. Venezia oggi ha abbracciato il Papa per la sua visita breve, circa 5 ore, ma densa. Dalle detenute della Giudecca per le quali chiede “dignità” agli artisti della Biennale, dai giovani riuniti per lui alla Salute, fino al bagno di folla in piazza San Marco dove oltre 10mila persone hanno partecipato alla messa.

La visita a Venezia

Venezia è abituata ai Pontefici: in tanti l’hanno visitata e diversi sono stati i Papi che hanno governato la diocesi lagunare (che per tradizione si chiama Patriarcato), prima di arrivare al soglio di Pietro, come Giovanni XXIII e Giovanni Paolo I. Ma la visita di Francesco, attesa da anni, è accolta con un grande entusiasmo. E lui ricambia l’affetto parlando delle bellezze di questa città unica al mondo, «splendida ma fragile», bisognosa di cure, perché «senza la cura e la salvaguardia di questo scenario naturale potrebbe perfino cessare di esistere», è l’accorata considerazione del Papa. «Venezia, che da sempre è luogo di incontro e di scambio culturale, è chiamata ad essere segno di bellezza accessibile a tutti, a partire dagli ultimi, segno di fraternità e di cura per la nostra casa comune. Venezia che fa fratelli».

L’incontro con le detenute della Giudecca

Il Papa ha cominciato al mattino presto con la visita alla Giudecca. Qui c’è il padiglione della Santa Sede della Biennale. Ma qui soprattutto ci sono donne che non trattengono le lacrime. E Francesco, alla presenza del ministro della Giustizia Carlo Nordio, elenca le criticità del vivere in carcere: «E’ una realtà dura, e problemi come il sovraffollamento, la carenza di strutture e di risorse, gli episodi di violenza, vi generano tanta sofferenza». L’appello alle istituzioni è dunque a «non togliere la dignità a nessuno. Oggi tutti usciremo più ricchi da questo cortile. Forse quello che uscirà più ricco sarò io», ha detto alle detenute.

Le parole rivolte agli artisti

Poi l’incontro con gli artisti nel quale ha evocato l’immagine biblica della “città rifugio” che «disobbedisce al regime di violenza e discriminazione». L’arte può «liberare il mondo da antinomie insensate e ormai svuotate, ma che cercano di prendere il sopravvento nel razzismo, nella xenofobia, nella disuguaglianza, nello squilibrio ecologico e dell’aporofobia, questo terribile neologismo che significa fobia dei poveri». Poi ancora l’omaggio alle donne artiste, tra le quali cita Frida Khalo.

Il messaggio ai ragazzi, via dal divano

Infine i ragazzi, che alla Salute lo accolgono tra cori e canti. Li mette in guardia dai social e lancia un invito: «Alzati e vai». «Avete pensato che cosa è un giovane tutta la vita seduto su un divano?», «ci sono divani che ci prendono e non ci lasciano alzare». Lo sguardo dunque a Dio che ama e non ci considera «un profilo digitale». Il cellulare? Può anche essere «utile per comunicare ma state attenti quando il cellulare impedisce di incontrare le persone». “Un abbraccio, un bacio, una stretta di mano, le persone” è quello che alla fine davvero conta. Infine l’invito ad essere “rivoluzionari” e andare “controcorrente”, facendo le cose con gratuità e non rincorrendo sempre l’utile come insegna il mondo. «Remate con costanza per andare lontani». Proprio come si fa a Venezia.

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