Il caso delle studentesse con il niqab a Monfalcone riaccende il dibattito su integrazione e regole scolastiche. Valditara chiede una legge nazionale, mentre la Lega propone il divieto nei luoghi pubblici.
Ogni giorno, prima di accedere alle lezioni, cinque ragazze, si recano in un’aula per verificare la propria identità: qui una docente fa sollevare il velo integrale che copre loro il volto e che lascia scoperti solo gli occhi. Questo il compromesso adottato dall‘Istituto Sandro Pertini di Monfalcone, a Gorizia. Un modo per garantire il diritto allo studio che non vada contro le norme sulla riconoscibilità delle persone nei luoghi pubblici.
Un caso che ha sollevato ancora una volta il dibattito sull’uso del niqab nelle scuole italiane: il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara è intervenuto sulla vicenda, dichiarando: “Non possiamo lasciare la responsabilità ai singoli presidi – ha spiegato – perché la scuola non può risolvere da sola un problema così complesso. Serve una legge che stabilisca regole precise per garantire sia il diritto allo studio che il rispetto dei principi di integrazione e sicurezza”.
Secondo la dirigente scolastica Carmela Piraino, il vero obiettivo della scuola deve rimanere il successo formativo degli studenti: “Vietare il niqab senza alternative rischia di spingere queste ragazze ad abbandonare gli studi. Noi cerchiamo di accompagnarle in un percorso di crescita, senza traumi”, ha spiegato.
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La Lega vuole vietare il niqab: Salvini e Cisint in prima linea
Il caso è diventato subito teatro di scontro politico: la Lega, da sempre critica verso l’uso del velo integrale, ha rilanciato l’idea di un divieto nei luoghi pubblici. L’ex sindaca di Monfalcone, oggi europarlamentare, Anna Maria Cisint e il segretario regionale della Lega, Marco Dreosto, hanno annunciato una proposta di legge in Friuli Venezia Giulia per vietare il niqab nelle scuole e negli spazi pubblici: “Non è solo un problema di sicurezza”, ha dichiarato Dreosto, “ma anche di diritti: molte ragazze sono costrette a indossare il niqab e noi vogliamo impedirne l’imposizione. Il divieto esiste già in diversi paesi europei, come Svizzera e Danimarca, e deve diventare una norma anche in Italia”. Anche il vicepremier Matteo Salvini ha espresso il suo sostegno alla proposta: “È inaccettabile che una scuola si debba adattare a regole incompatibili con i nostri valori. L’istruzione è un luogo di libertà, non di sottomissione”.
Il PD: “Serve dialogo culturale e sociale”
Dall’opposizione, Diego Moretti, capogruppo del Partito Democratico in Friuli Venezia Giulia, ha detto:“Per risolvere la questione del niqab a scuole non serve una nuova legge: basta semplicemente applicare quanto già esiste. Tutto il resto è solo propaganda che la Lega, come suo solito, è pronta a cavalcare per ragioni totalmente diverse da quelle primarie dell’integrazione delle persone”. Moretti ha aggiunto: “Non si risolve il problema con divieti punitivi e propaganda – ha dichiarato Moretti – ma con un serio lavoro di dialogo culturale e sociale”.
La Garante per l’Infanzia: “Scuola deve essere luogo di emancipazione”
A intervenire è stata anche Marina Terragni, Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, che ha espresso preoccupazione per la condizione delle studentesse che indossano il niqab. “Dobbiamo chiederci se queste ragazze siano davvero libere nella loro scelta”, ha dichiarato, “e se il velo integrale non ostacoli il loro sviluppo personale e la piena partecipazione alla vita scolastica e sociale”. Terragni ha inoltre sottolineato la necessità di un’azione concreta per garantire alle giovani donne la possibilità di crescere senza costrizioni culturali o familiari. “La scuola deve essere un luogo di apertura e di emancipazione, non di segregazione”.
La questione del niqab in aula resta dunque aperta e destinata a far discutere ancora a lungo. Nel frattempo, a Monfalcone le quattro studentesse continuano a sottoporsi all’identificazione quotidiana, in bilico tra il diritto all’istruzione e le crescenti pressioni politiche.