Storie Web domenica, Maggio 19
Notiziario

Nel video social con cui ha presentato le misure del decreto Coesione, Giorgia Meloni ha festeggiato l’istituzione di un fondo perequativo, destinato alla realizzazione di infrastrutture nel Mezzogiorno. Ma una misura del genere esisteva già, con risorse ben più ricche di quelle messe in campo ora dall’esecutivo di destra. Il vecchio fondo – ora soppresso – prevedeva 4,6 miliardi fino al 2033, quello che si prepara a varare il governo conta su appena 890 milioni. E non è questo l’unico taglio di spesa nascosto nelle pieghe del decreto.

Ammettere di avere ridotto i soldi per questa o quella misura è un esercizio difficile per qualsiasi governo. Negli anni abbiamo visto esecutivi di diverso colore ricorrere a espedienti comunicativi di ogni tipo, per cercare di nascondere la verità. Il 1 maggio scorso, però, Giorgia Meloni ha fatto un passo oltre, capovolgendo la realtà e presentando come nuovo grande investimento nelle infrastrutture per il Sud Italia, quello che di fatto è invece un taglio di risorse. Vediamo perché.

Nel video social con cui ha presentato le norme contenute nel cosiddetto decreto Coesione, Meloni ha rivendicato “una misura fondamentale per il Mezzogiorno, ovvero l’istituzione del fondo perequativo infrastrutturale “. All’articolo 11 del decreto, in versione ancora non definitiva,  si legge in effetti che “al fine di assicurare il recupero del divario infrastrutturale tra le regioni del Mezzogiorno d’Italia e le altre aree geografiche del territorio nazionale” viene costituito “il Fondo perequativo infrastrutturale per il Mezzogiorno”.  L’obiettivo è realizzare nelle Regioni del Sud Italia, infrastrutture considerate prioritarie in una serie di settori, dalle strade alle ferrovie, dagli ospedali alle scuole etc…

Oltre 3 miliardi in meno per il Mezzogiorno

Nel suo intervento però la premier si è ‘dimenticata’ di citare un altro intervento, messo nero su bianco poche righe dopo, nello stesso articolo del decreto Coesione. È  quello con cui viene abolito il “Fondo perequativo infrastrutturale”, previsto per la prima volta dalla legge sul federalismo fiscale del 2009. Si trattava di uno stanziamento dagli scopi praticamente sovrapponibili a quello introdotto ora dal governo Meloni, ovvero tentare di ricucire i divari infrastrutturali, tra i diversi territori del Paese, in primo luogo ovviamente quello tra Nord e Sud Italia. Se vecchio e nuovo fondo hanno obiettivi praticamente fotocopia, però, il discorso cambia quando si contano i soldi messi sul piatto.

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Nel 2020, la legge di bilancio del governo giallorosso aveva previsto un finanziamento del Fondo perequativo infrastrutturale per 4,6 miliardi in 12 anni, così ripartiti: 100 milioni di euro per l’anno 2022, 300 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027, 500 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2028 al 2033. La dotazione del Fondo per il Mezzogiorno dell’esecutivo Meloni è invece di 50 milioni di euro per l’anno 2024, di 140 milioni per l’anno 2025 e di euro 100 milioni annui per ciascuno degli anni dal 2027 al 2033.

Facciamo due conti, raffrontando gli anni dal 2024 al 2033:  nella versione precedente lo stanziamento era di 4miliardi e 200milioni, in quella attuale è di 890 milioni di euro. Tradotto, quello che Meloni spaccia per  un nuovo investimento nelle infrastrutture del Sud Italia è in realtà un taglio da almeno 3,3 miliardi di euro. Senza considerare eventuali risorse non ancora erogate, negli anni precedenti al 2024, anch’esse cancellate con l’azzeramento del vecchio fondo.

Il decreto Coesione concretizza così  quanto già emerso dalle tabelle dell’ultima legge di bilancio, dove per la prima volta era venuto fuori il ridimensionamento delle cifre destinate alle opere del Mezzogiorno. Il 6 febbraio 2024, alla Camera, il Pd aveva chiesto un’impegno al ministro delle Infrastrutture Salvini, per ripristinare il finanziamento originario. Nella sua replica, Salvini aveva parlato di “una riduzione in termini contabili e non sostanziali”, sostenendo che “le risorse del Fondo sono salvaguardate dall’insieme dei provvedimenti normativi che il governo sta portando avanti per superare il divario tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale”.

Non si capisce bene tuttavia in che modo i soldi sottratti al Fondo perequativo dovrebbero essere recuperati altrove. Nel decreto Coesione in effetti si trova una norma che impone di destinare agli interventi infrastrutturali prioritari nel Mezzogiorno, almeno il 40 percento delle risorse di una serie di programmi di spesa pluriennali del ministero dell’Economia, non ancora vincolati ad altri interventi. Va sottolineato però che in questo caso non si parla di soldi freschi, ma di stanziamenti già previsti e che al massimo sarebbero dirottati da una parte all’altra. Non è chiaro inoltre se questa operazione possa essere sufficiente a coprire il buco creato dal taglio di 3,3 miliardi del Fondo di perequazione.

Meno soldi per ecobonus auto e transizione green

Nelle pieghe del decreto Coesione c’è poi un’altra significativa sforbiciata di risorse, quelle destinate alla transizione energetica nel settore automotive e agli incentivi per l’acquisto di veicoli non inquinanti. L’operazione rientra nell’ambito della revisione del Pnrr, che ha spostato diversi progetti fuori dal piano, prevedendone la realizzazione mediante altre fonti di finanziamento. Ecco, tra queste fonti vengono ora indicati anche 15o milioni recuperati dal taglio dei fondi dell’ecobonus 2024 per l’acquisto di auto e veicoli commerciali elettrici, ibridi o a basse emissioni, oltre che dall’abbassamento dei contributi per l’acquisto di infrastrutture di ricarica ad uso domestico.

Per il 2025, invece, si prevede una riduzione di 250milioni del fondo per la riconversione, ricerca e sviluppo del settore automotive. Soldi che dovevano essere destinati a “favorire la transizione verde, la ricerca, gli investimenti nella filiera del settore automotive finalizzati all’insediamento, alla riconversione e riqualificazione verso forme produttive innovative e sostenibili”, nonché a riconoscere “incentivi all’acquisto di veicoli non inquinanti e per favorire il recupero e il riciclaggio dei materiali”. Almeno, in questo caso, Meloni si è limitata a tacere il taglio del fondo e non lo ha ‘venduto’ come un successo.

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