Ore cruciali per Israele e Gaza, mentre le parti si trovano nel momento decisivo per un possibile cessate il fuoco. Le trattative sembrano avvicinarsi a un accordo che potrebbe consentire il rilascio degli ostaggi detenuti a Gaza, ma il rischio di un fallimento all’ultimo istante rimane alto, come già accaduto in passato. Il fragile equilibrio tra le richieste israeliane e quelle palestinesi è messo a dura prova da un clima di tensione crescente, che rende incerto l’esito dei negoziati.
La posta in gioco
Il nodo centrale delle trattative riguarda la durata del cessate il fuoco. Israele, sotto la guida di Benyamin Netanyahu, propone una pausa temporanea che permetta il rilascio degli ostaggi israeliani, con l’intenzione di riprendere le operazioni militari subito dopo per completare l’eliminazione di Hamas dalla Striscia di Gaza. Netanyahu ha dichiarato che “non accetterà una tregua duratura finché Hamas sarà al potere”, ribadendo il suo obiettivo di smantellare completamente l’organizzazione terroristica.
Dall’altra parte, Hamas e le altre delegazioni palestinesi, riunite al Cairo, chiedono una tregua più lunga e un’interruzione definitiva delle ostilità. Nonostante queste divergenze, i rappresentanti palestinesi si sono detti ottimisti, sottolineando che un accordo è “più vicino che mai” se Israele smetterà di imporre nuove condizioni.
L’incertezza politica e sociale in Israele
In Israele, la tensione non è meno intensa. La popolazione è divisa tra il desiderio di riportare a casa gli ostaggi e la crescente frustrazione verso il governo Netanyahu, che secondo molti non sta facendo abbastanza per risolvere la crisi. La fiducia nel primo ministro è scesa al 22%, con manifestazioni quotidiane da parte dei familiari degli ostaggi.
Einav Zangauker, madre di uno degli ostaggi, ha espresso tutta la sua rabbia nei confronti del premier, accusandolo di “affossare i negoziati”. “Porre fine alla guerra per riportare a casa gli ostaggi non è un compromesso, è l’obiettivo”, ha dichiarato durante una delle manifestazioni organizzate davanti alle sedi delle autorità israeliane.