Una giuria del North Dakota ha ritenuto Greenpeace responsabile per oltre 666,9 milioni di dollari di danni in un caso intentato da un gestore di oleodotti statunitense che ha accusato il gruppo di aver orchestrato una campagna di violenza e diffamazione.Al centro del caso c’è l’oleodotto Dakota Access, dove quasi un decennio fa la tribù Sioux di Standing Rock ha guidato una delle più grandi proteste anti-combustibili fossili nella storia degli Stati Uniti.
La causa – intentata da Energy Transfer, con sede a Dallas, e la sua controllata Dakota Access – ha accusato Greenpeace international – con sede nei Paesi Bassi -, Greenpeace Usa e il braccio finanziario Greenpeace fund inc. di diffamazione, violazione di domicilio, cospirazione civile e altri reati. La giuria ha stabilito che Greenpeace Usa dovrà pagare la parte più consistente, quasi 404 milioni di dollari, mentre Greenpeace fund inc. e Greenpeace international dovranno ciascuna versare circa 131 milioni di dollari. Greenpeace Usa, infatti, è stata ritenuta responsabile – da una giuria di 9 persone – di tutte le accuse, mentre le altre entità sono state giudicate colpevoli solo di alcune.
Le reazioni di Greenpeace
L’avvocata dell’organizzazione, Deepa Padmanabha, ha annunciato un ricorso. “La lotta non è finita”, ha detto, aggiungendo che il lavoro di Greenpeace “non si fermerà mai”. Greenpeace aveva già dichiarato che una condanna per una somma così elevata potrebbe portare l’organizzazione alla bancarotta.
“La lotta contro le grandi compagnie petrolifere non finisce oggi,” ha dichiarato Kristin Casper, consulente generale di Greenpeace international” aggiungendo che il gruppo affronterà Energy Transfer in tribunale a luglio ad Amsterdam in una causa per intimidazione presentata il mese scorso.
Energy transfer: «Differenza tra libertà di parola e violazione della legge»
Energy transfer ha definito il verdetto di mercoledì una “vittoria” per “gli americani che comprendono la differenza tra il diritto alla libertà di parola e la violazione della legge”.