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Notiziario

Gli shock geopolitici si sono intensificati, sono più grandi e più frequenti rispetto al passato. Guerre, aumento delle tensioni tra stati, ascesa del populismo e del protezionismo, uso delle materie prime come armi, sono soltanto alcuni degli esempi citati ieri da Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo della Bce, in apertura di un panel dell’ECB Forum a Sintra dedicato all’impatto dei rischi geopolitici sull’inflazione e quindi inevitabilmente sulla politica monetaria. «Alcuni shock geopolitici fanno salire l’inflazione, altri la fanno scendere perché l’aumento dell’incertezza frena la domanda dei consumatori e quindi frena anche i prezzi», ha commentato Schnabel. Un vero e proprio mal di testa per un banchiere centrale.

I legami con l’inflazione

Matteo Iacoviello, senior associate director del Board of Governors della Federal Reserve, ha descritto i diversi canali di collegamento tra rischi geopolitici e inflazione, citando l’aumento delle politiche espansive nei Paesi in guerra o vicini a una guerra, con una corsa al riarmo che ha un impatto al rialzo sui prezzi. I conflitti armati incidono anche sulle catene di approvvigionamento, facendo salire l’inflazione.

E tanto più un Paese è in prossimità di una guerra, tanto più viene travolto dagli impatti macroeconomici del conflitto, principalmente esportazioni e importazioni.

Europa vulnerabile

Beata Javorcik, capo economista della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) ha elaborato gli impatti degli shock geopolitici sulla produzione di materie prime e terre rare e quindi sull’inflazione. E ha citato uno studio Bers sulla produzione e sulla distribuzione nel mondo dei minerali maggiormente utilizzati nella trasformazione verde e nella e-mobiliti, sottolineando il dominio della Cina. L’Europa è sotto questo profilo molto vulnerabile, non solo per la bassa produzione di materie prime ma anche perché possiede una piccola fetta delle riserve di materie critiche e terre rare. Il capo economista di Goldman Sachs, Jan Hatzius, ha messo in guardia contro un aumento della divergenza delle politiche monetarie tra Usa e area dell’euro, nel caso in cui dovessero scoppiare nuove guerre commerciali. L’inflazione infatti potrebbe salire di più negli Usa che nell’eurozona, a causa delle politiche protezionistiche degli Stati Uniti contro la Cina, per esempio, e dell’ipotizzabile ritorsione di Pechino contro i prodotti statunitensi.

Il caso Russia

Il dibattito sui rischi geopolitici e l’effetto destabilizzante che hanno sull’inflazione si è allargato inevitabilmente alla Russia. L’impatto delle sanzioni contro Mosca è stato criticato perché troppo «lento» ma non per questo sarà meno efficace: funzionerà, è stato assicurato, ma alla distanza. La Russia deve produrre quello che non può più importare e i prezzi inevitabilmente salgono.

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