Nella ripartizione della quantità di emissioni di gas serra per settore, in Italia l’agricoltura pesa l’8,4%, piazzandosi sotto l’industria manifatturiera (13,1%) e ben lontano dai trasporti che inquinano per oltre il 28% del totale. Sono i dati diffusi dall’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) poche settimane fa. Se si guarda agli ultimi 35 anni, però, il settore primario ha tagliato le emissioni del 15,6% contro il -26,4% medio, lontano dai picchi del 40% dell’industria, anche se comunque di più della categoria “Residenziale e servizi” (-12,6%) e meglio dei trasporti, che hanno addirittura peggiorato il loro apporto.
Spesso il dito è puntato contro gli allevamenti (soprattutto contro i cosiddetti “intensivi”) che pesano per i tre quarti dell’inquinamento agricolo: l’80% delle emissioni dovute agli allevamenti – dice Ispra – è diviso tra vacche da latte (35%), gli altri bovini (32%) e i suini (13 per cento).
«Le emissioni dovute alle vacche da latte e degli allevamenti in generale sono legate a un ciclo biologico e non al consumo di riserve fossili. Si tratta di una differenza importante che viene spesso dimenticata – premette Giovanni Guarneri, presidente del settore lattiero-caseario di Confcooperative – e nel comparare il nostro ambito con quello ad esempio industriale e dei trasporti va considerato che non è possibile modificare i fattori fisiologici legati al metabolismo vaccino». Un allevatore non può insomma cambiare l’impianto principale di produzione, che, diciamo così, rimangono gli animali. «Però la produttività e quindi cioè la quantità di latte prodotta per capo allevato è aumentata. Nell’ultima decina d’anni le emissioni di Co2 equivalente per litro di latte sono diminuite del 20% circa», dice Guarneri.
Gli investimenti green
Per limitare ulteriormente l’impatto ambientale, a parità di produzione, non resta quindi che la possibilità di compensare i gas introdotti nell’ambiente con la produzione di energia pulita. Secondo Ispra il 19% dei reflui zootecnici delle vacche da latte nel 2023 è stato avviato a digestione anaerobica, quindi ad esempio molto si può ancora fare su questo fronte.
«Grazie al biogas alcune filiere producono di più dell’energia che consumano e le stalle permettono di avere ampie coperture (circa 10 mq per capo, ndr) per l’installazione di pannelli fotovoltaici. C’è stato un forte investimento da questo punto di vista, anche perché viene prodotta più energia proprio quando fa più caldo e questa viene utilizzata per rinfrescare gli animali». Tra l’altro questo ne aumenta il benessere e la produttività.