Storie Web mercoledì, Aprile 16
Notiziario

Secondo un’elaborazione del Centro Studi Confartigianato Imprese Marche su dati CCIAA delle Marche relativi al 4° trimestre 2024, oltre un’impresa su quattro (26,8%) del manifatturiero italiano è esposta alla contraffazione. Con picchi del 46,8% in Toscana e del 37% nelle Marche. Due regioni conosciute per i distretti produttivi nel settore tessile-moda- accessori. Nel complesso, ben 31 province (poco meno di un quarto del totale) registrano un’esposizione superiore alla media. In testa ci sono Prato, con una quota di oltre l’84%; Fermo (63,1%) e Firenze (oltre il 55%). Il Lazio, con più di 40,3 milioni, è di gran lunga la prima regione per numero di pezzi di prodotti contraffatti (non necessariamente articoli di abbigliamento o moda) sequestrati dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle dogane nel 2023 mentre gli accessori dell’abbigliamento (Cina), le etichette (Hong Kong e Russia) e gli articoli di abbigliamento (Turchia e India) sono i principali prodotti sequestrati nel 2023 (elaborazione Confartigianato Marche su dati Mimit, Gdf e Agenzia dogane).

Il business si espande online, tra siti ad hoc e social

Dopo le battaglie legali localizzate tra realtà e metaverso (come la querelle tra Hermès e l’artista americano Mason Rotschild per le Meta-birkin) e in attesa dei primi contenziosi a tema intelligenza artificiale, i brand di moda sono concentrati a combattere – accanto alla contraffazione “tradizionale”, con le merci che vengono prodotte all’estero ( nei Paesi di cui sopra) e poi importate in grandi quantità per essere rivendute sul mercato nazionale attraverso canali diversi (negozi, mercati, ambulanti). C’è poi l’ecommerce: il web pullula di piattaforme che offrono prodotti contraffatti, spesso menzionati come «replica». Siti (apparentemente) italiani o stranieri sui quali acquistare falsi di lusso – dalla celeberrima Kelly di Hermès alla Lady Dior, con prezzi che oscillano dai 300 ai 500 euro, oppure la Flap bag di Chanel che, addirittura scontata, si può trovare a 299 dollari – con tanto di recensioni dei clienti che le hanno acquistate e possibilità di contattare il servizio clienti, anche via Whatsapp. La merce, poi, arriva “comodamente” a casa, come accade per un qualsiasi ecommerce. Ai pacchi entro i 150 euro di valore, poi, non si applicano i dazi doganali – questione annosa su cui si è già espressa anche la Commissione Ue, e non solo in merito ai fake ma anche ai prodotti dell’ultra fast fashion che stanno inondando l’Europa -; queste merci “a basso costo” dovrebbero comunque essere controllate in dogana, ma lo sono in minima parte (esperti del settore parlano di 3-4 pacchi ogni 5.000) anche perché lo sdoganamento non avviene in aeroporto ma nella sede dell’importatore.

«I brand non possono abbandonare la vecchia lotta sull’offline – dice Gianluca De Cristofaro, partner Lca – ma devono investire nelle nuove lotte: la Rete però è un bacino enorme per i falsi. La contraffazione via social sta diventando peggiore rispetto a quella sui marketplace che, di contro, stanno cercando di avvicinarsi ai brand».

Il fenomeno dupe e le tutele legali

Ad amplificare il fenomeno dei falsi da qualche anno sono proprio i social media. Dove – attraverso link “anonimi” o nascosti, gli hidden link – si connettono i consumatori con le piattaforme sulle quali è possibile acquistare prodotti falsi attingendo ad ampi cataloghi. E dove spopolano i dupe, prodotti che emulano quelli più iconici, pur non essendo dei veri e propri falsi, e che sono spesso proposti come “alternative meno costose dei prodotti cari e famosi”. Il nome del resto, è un’abbreviazione di duplicate, in inglese copia. Il caso più famoso è la Wirkin di Walmart: in pelle, in tre dimensioni e cinque colorazioni, andata sold out in un battibaleno complice il prezzo, 78 dollari.

Uno dei veicoli principali dei dupe è TikTok. Sul social cinese, al 14 aprile 2025, ci sono 317 mila video con hashtag #dupe , molti dei quali riguardano copie di profumi famosi, ma non mancano prodotti di moda (dall’ “equivalente” del body Skims agli orecchini a goccia di Bottega Veneta, fino ai sandali Oran di Hermès). Secondo un’indagine Trustpilot, il 60% dei consumatori italiani ha affermato di aver acquistato un dupe dopo aver visto il prodotto diventare virale sui social media. «Il fenomeno dei dupe è esploso post Covid perché il lusso ha aumentato molto i prezzi – spiega De Cristofaro – e c’è una nuova generazione di consumatori che vorrebbe acquistare i prodotti di lusso, ma non a queste cifre. Se fino a quindici anni fa i falsi si compravano consapevolmente ma si spacciavano per veri, oggi la mentalità è cambiata molto: c’è un vanto nel non spendere troppi soldi per acquistare il prodotto originale».

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