Ettore ha nove anni. Dalla nascita, è affetto dalla sindrome di Moebius, una malattia rara che si presenta sotto forma di amimia o paresi facciale e limita qualsiasi movimento in viso. A livello cognitivo, ha soltanto un leggero ritardo. È a scuola che «riesce a esprimere le sue emozioni – racconta Riccardo, suo padre –. Anzi, a volte si diverte pure troppo: gli piace fare il birichino e far ridere tutti i suoi compagni». Un luogo di svago, ma anche di apprendimento: «Una volta ha visto mangiare gli altri bambini e si è portato alla bocca un pezzo di biscotto». Mentre è in classe, però, ha bisogno di un’assistenza medica. Una persona, oltre al tutor di sostegno, pronta a intervenire in caso di necessità.
Quel qualcuno va pagato. Le ore messe a disposizione dall’Asl 7 Pedemontana – ricorda il padre – erano sedici all’asilo. Poi, dopo le sollecitazioni, sono diventate venti e adesso ventisette. Ma la scorsa estate, prima dell’inizio della terza elementare, la scuola ha avviato un programma pomeridiano di un giorno a settimana. La famiglia chiede due ore e mezza in più, che però non vengono concesse perché «gli orari erano stati già scritti».
Per far partecipare Ettore, così, Riccardo e sua moglie Elisa devono trovare un modo per garantirgli assistenza. Vuol dire, il più delle volte, chiedere permessi a lavoro e andarci personalmente. Oppure pagare qualcuno per formarlo e accompagnare il bambino.
Non è soltanto la scuola. Tutto questo fa parte di un insieme di attività e interventi che la famiglia deve sborsare di tasca propria. «Faccio l’esempio della logopedia: ci viene concessa un’ora alla settimana, ma così non fai nulla. E siamo costretti ad andare da privati». Le spese totali, a fine anno, superano i ventimila euro.
Nel 2022, la famiglia scrive al proprio Comune, quello di Rossano Veneto. Per chiedere di attivare il «Progetto di Vita», previsto dalla legge 328 del 2000. «Ai Comuni – si legge nell’articolo 6 – compete la gestione degli interventi e dei servizi sociali, la cui programmazione è in capo alle Regioni. Nello specifico, il Comune ha il compito istituzionale di programmare il sistema integrato di interventi e servizi sociali e poi di garantirne l’erogazione». Si tratta quindi di stabilire le esigenze del nucleo familiare.