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Notiziario

Avrebbe dovuto essere l’anno della ripresa (poi mancata), ma non è andato male come si è poi temuto in un primo tempo: secondo il Luxury Goods Worldwide Market Study 2025 di Bain&Company, presentato nell’ambito dell’Osservatorio Altagamma, il lusso mondiale chiuderà l’anno in corso a 1.440 miliardi di euro di ricavi, in sostanziale stabilità (-2% a cambi correnti, +0% a cambi costanti) rispetto al 2024. Merito dei segmenti esperienziali (viaggi, hotel, food) di questo settore così complesso e globale, ma con una sostanziale tenuta anche dei beni personali di lusso che, sempre secondo le stime, arriveranno a 358 miliardi di euro di vendite in valore, il 25% in più del 2019, con una crescita media annua che nell’ultimo lustro è stata del 5 per cento.

Una pioggia di numeri e qualche nota di stile

Il 2026 si aprirà con un «moderato ottimismo», spiega Claudia D’Arpizio, senior partner di Bain&Co. e autrice del Monitor insieme a Federica Levato: «Il 2025 si è rivelato stabile nonostante gli indici macroeconomici negativi e per il 2026 prevediamo un aumento della fiducia dei consumatori in mercati strategici come gli Usa e la Cina».

Il settore ha registrato performance molto frammentate sia in termini di mercati – il migliore è il Medio Oriente, mentre il Giappone ha registrato una forte frenata e l’Europa ha subito una frenata della spesa dei turisti – sia di categorie di prodotto, con il tasso di crescita maggiore registrato dai gioielli, seguiti da occhialeria e beauty (categorie agli antipodi in termini di prezzo).

E le sfide da vincere continuano a essere molte: i luxury goods hanno perso 70 milioni di clienti dal 2022, tornando alla platea che avevano nel 2013, anche perché hanno alzato i prezzi per concentrarsi sui consumatori più abbienti. Che, tuttavia, tra il 2024 e il 2025 non hanno aumentato la propria spesa in valore. La crisi si è ripercossa sui profitti che, secondo Bain&Co., sono tornati ai livelli del 2009, con una flessione del 20% in due anni. Inoltre, sta aumentando la concorrenza: «Il lusso è sempre stato un business molto europeo – chiosa D’Arpizio – ma oggi in Paesi come la Cina assistiamo all’affermazione di player locali come già avvenuto, per esempio, nell’automotive. La concorrenza, dunque, si sta intensificando». Non è tutto: gli stock sono aumentati e l’outlet è quello che ha performato meglio tra tutti i canali distributivi.

Anche il Consensus Altagamma 2026 fotografa un momento di transizione che, per il lusso, dovrebbe tradursi in una stabilizzazione dei ricavi e in una crescita dell’ebitda del 5 per cento. Grazie al contributo di mercati dinamici come il Medio Oriente (la stima 2026 è +6%) ma anche di consumatori che rappresentano un pilastro per il lusso italiano e mondiale, come gli americani (il mercato salirà del 4,5%; gli acquisti dei consumatori a stelle e strisce del 5,5%). Il Consensus – che si basa sulle stime di 19 analisti – vede nella gioielleria il segmento che crescerà di più nel 2026 (+5%), seguita da abbigliamento, pelletteria e cosmesi (+4%) . Tra i canali distributivi, invece, a brillare sarà il retail fisico (+5%), tallonato da quello digitale (+4%) in una sinergia sempre più indispensabile e rodato.

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