Corsi di autodifesa contro le aggressioni in corsia, per imparare a proteggersi ma anche a gestire le emergenze trattando con pazienti e familiari nel modo migliore. Contro l’escalation delle violenze negli ospedali e nei Pronto soccorso, gli infermieri passano all’azione: i nuovi corsi sono promossi dal sindacato Nursing up e partiranno in Toscana, per poi raggiungere anche altre Regioni.
La piaga della violenza contro i sanitari è però ormai talmente estesa che iniziative analoghe si stanno diffondendo dal nord al sud dell’Italia, promosse anche dai camici bianchi con il plauso del presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, che tuttavia avverte: «Ben vengano i corsi, ma il problema va affrontato alla radice, puntando su prevenzione e su un nuovo sistema per gli accessi negli ospedali».
Si parte dalla Toscana
L’ultimo episodio della lunga scia di violenze – con 22mila operatori sanitari, soprattutto infermieri, vittime di aggressioni nel 2024 – è avvenuto nei giorni scorsi all’Ospedale Perrino di Brindisi: un infermiere colpito al volto da un paziente psichiatrico nel Pronto soccorso. Fratture, trauma oculare, quindici giorni di prognosi. Gli ospedali, afferma il presidente del Nursing up, Antonio De Palma, «non possono essere un ring. Ma oggi lo sono. Se la politica resta inerme, noi agiamo. Partono dunque dalla Toscana i corsi di autodifesa per infermieri, organizzati e finanziati dal nostro sindacato».
I corsi attivati
I corsi sono già attivati presso gli ospedali Careggi, Meyer e ASL Toscana Centro, e nascono come risposta concreta all’escalation di aggressioni, soprattutto notturne, quando troppi ospedali restano privi di presidi di polizia. Dove le forze dell’ordine ci sono, spiega il sindacato, spesso operano solo al mattino e si limitano ad allertare i più vicini commissariati. Le guardie giurate invece, pur presenti, non hanno alcun potere di intervento.
Vittime soprattutto le donne
«Oltre il 70% delle vittime sono donne. Le aggressioni avvengono per frustrazione, per rabbia, per esasperazione. Ma i professionisti – sottolinea De Palma – non devono pagare il prezzo della disorganizzazione cronica della sanità territoriale».