Storie Web lunedì, Maggio 20
Notiziario

Di tutte le numerose elezioni previste quest’anno, quelle che cominciano domani in Russia sono di certo le meno appassionanti. Fondamentalmente, per il risultato scontato che incombe su di esse: la conferma di Vladimir Putin a presidente della Federazione russa, capo incontrastato del Cremlino.

Il voto, che comincia domani 15 marzo e termina domenica 17, vedrà infatti confermare per altri sei anni il mandato del presidente in carica, sullo sfondo del protrarsi della guerra in Ucraina. È la prima volta che il Paese va al voto per eleggere il proprio vertice da quando è iniziato il conflitto, ormai due anni fa. Altro primato, le presidenziali sono spalmate su tre giorni invece che su uno. E, infine, è la prima volta che numerose regioni (27, più la Crimea) potranno usare il voto elettronico. Entrambi gli aspetti hanno sollevato timori tra gli osservatori indipendenti per un possibile aumento di brogli e manipolazioni.

La Russia ha utilizzato per la prima volta il voto su tre giorni nel referendum del 2020 sulle riforme costituzionali, promosso da Putin per candidarsi per altri due mandati e rimanere al potere fino al 2036; scenario che, se si avverasse, lo porterebbe a diventare il leader russo più longevo di sempre.

AFP

Il discorso sullo stato della nazione di Vladimir Putin

I numeri: aventi diritti, voti già espressi, voto a distanza, affluenza

Su una popolazione di 146 milioni di abitanti, può votare qualsiasi cittadino di età superiore ai 18 anni che non sia in carcere per precedenti penali. Secondo la Commissione elettorale centrale, sono 112,3 milioni gli aventi diritto in Russia, in Crimea e nelle regioni dell’Ucraina “annesse” (Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia, Kherson); altri 1,9 milioni vivono all’estero. Sono oltre 8,5 milioni i russi che hanno fatto richiesta per accedere al “sistema di voto elettronico a distanza”, sempre secondo la Commissione elettorale. Ciò consentirà anche di votare all’estero, presso 295 seggi allestiti in 144 Paesi, tra cui l’Italia.

Circa 1,42 milioni di elettori in 39 regioni hanno votato in anticipo (a partire dal 25 febbraio scorso), nelle aree remote o difficili da raggiungere, e sulle navi che saranno in servizio nei giorni della consultazione.

L’affluenza alle presidenziali del 2018 era stata del 67,5%, alle parlamentari del 2021 era stata del 51,7%. Osservatori e singoli elettori avevano segnalato violazioni diffuse, tramite pratiche ben note come l’inserimento nelle urne di schede precompilate e intimidazioni o pressioni da parte dei superiori sul posto di lavoro. L’amministrazione presidenziale russa, come riportato da diversi media indipendenti, ha a disposizione diversi strumenti per manovrare i risultati, tra cui i brogli elettorali – in passato ampiamente documentati – e i condizionamenti esercitati su milioni di dipendenti del settore pubblico, tra scuole, ministeri, ospedali e aziende di Stato.

Le operazioni di preparazione del voto rainews

Le operazioni di preparazione del voto

Secondo indiscrezioni raccolte da siti indipendenti come Meduza, il Cremlino punta a un’affluenza tra il 70 e l’80% per confermare l’idea che il Paese è compatto attorno alla leadership di Putin e alla sua “operazione militare speciale”.

Ai seggi non ci saranno osservatori internazionali della missione dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), che Mosca ha deciso di non invitare. Nelle elezioni presidenziali del 2018 – in cui Putin ottenne il 76,7% delle preferenze – l’Osce aveva denunciato la mancanza di reale concorrenza politica e aveva puntato il dito contro la “continua pressione sulle voci critiche”. Abbas Gallyamov, analista politico autore in passato dei discorsi di Putin, ha descritto la consultazione popolare come un voto in cui “la scelta multipla è stata sostituita con una semplice e dicotomica: ‘Sei a favore o contro Putin?’”. Sarà “un referendum sulla questione della guerra”, ha spiegato l’analista, “votare per Putin significherà votare per la guerra”.

 

La vera incognita: la reazione della popolazione e le proteste

Lui, lo zar del Cremlino, al potere da 24 anni, si candida per un’ulteriore conferma più da comandante in capo di un esercito che da presidente. Ciò che teme di più, la vera incognita di queste consultazioni, più che il dissenso, riguarda la reazione della popolazione critica nei suoi confronti, silenziosa o messa a tacere, ma che si è vista in occasione della morte di Alexei Navalny. Sebbene sia impossibile influenzare l’esito del voto – in un sistema dove lo stesso accesso alla corsa elettorale è altamente controllato e filtrato e gli unici due candidati contrari alla guerra sono stati squalificati -, l’esile opposizione rimasta punta tutto sull’iniziativa di un ex deputato regionale di San Pietroburgo. Maksim Reznik ha ideato la campagna “Mezzogiorno contro Putin”, abbracciata pochi giorni prima di morire in un carcere di alta sicurezza in Siberia anche da Navalny, l’oppositore – e il nemico – numero uno; poi rilanciata dalla vedova, Yulia Navalnaya, che ha invitato ad annullare la scheda scrivendo il nome del marito.

Alexei Navalny e la moglie Yulia X

Alexei Navalny e la moglie Yulia

L’obiettivo di “Mezzogiorno contro Putin” è semplice: tutti gli elettori contrari allo “zar” devono presentarsi contemporaneamente ai seggi l’ultimo giorno delle votazioni, il 17 marzo, alle 12. Davanti alle file pacifiche e silenziose, la polizia non potrà fare nulla e il malcontento diventerà palese, è il ragionamento alla base. Reznik non suggerisce di votare per nessuno in particolare, l’importante è votare contro Putin. A rinvigorire le aspettative sulla riuscita di “Mezzogiorno contro Putin”, anche solo nelle grandi città, c’è il dato sulle migliaia di moscoviti che hanno partecipato ai funerali di Navalny il 1° marzo scorso e che da giorni continuano a portare fiori alla sua tomba, al cimitero di Borisovo.

 

Gli altri candidati

Oltre a Putin, ci sono tre candidati registrati: il conservatore nazionalista Leonid Slutsky, il candidato del Partito comunista Nikolai Kharitonov e Vladislav Davankov, giovane uomo d’affari. Tutti sostengono l’offensiva russa in Ucraina e nessuno ha chance di intaccare il consenso del presidente. I critici del Cremlino sottolineano che il ruolo di questi tre politici è quello di incanalare il malcontento e dare un’apparenza di pluralismo al voto, in un momento in cui l’opposizione è stata decimata dalla repressione e dalla censura militare. Gli unici candidati contrari alla campagna in Ucraina, Boris Nadezhdin ed Ekaterina Duntsova, che avevano raccolto decine di migliaia di firme per le loro candidature, sono stati squalificati.

Il conflitto – presentato ormai come scontro con l’“Occidente collettivo” – e la capacità della Russia di sostenerla e vincerla sono stati al centro della proposta elettorale di Putin, che aveva annunciato la sua candidatura proprio rispondendo alla richiesta in questo senso di un ex comandante in Donbass.

La bandiera ucraina sventola su Kiev AP Photo/Efrem Lukatsky

La bandiera ucraina sventola su Kiev

Anche se il risultato delle elezioni non è in dubbio, il governo sta conducendo una martellante campagna per rafforzare la legittimità interna e internazionale del presidente. Il capo del Cremlino è ora in una posizione vantaggiosa: l’economia russa si è dimostrata resiliente nonostante le pesanti sanzioni, è stata per ora evitata una seconda mobilitazione e sul campo la controffensiva ucraina non ha dato i risultati sperati, mentre si fanno più esplicite le fratture nel fronte occidentale rispetto al sostegno militare a Kiev.

 

Il “programma elettorale” di Putin

Il presidente russo non ha mai preso parte a un dibattito elettorale da quando è salito al potere nel 2000, e di certo non inizierà adesso. Di contro, ha intensificato le sue apparizioni sui media, incontrando studenti, visitando fabbriche e persino volando a bordo di un bombardiere nucleare. Nel suo discorso sullo stato della nazione del mese scorso, ha fatto una lunga serie di promesse di bilancio, distribuendo miliardi di rubli per modernizzare scuole e infrastrutture, combattere la povertà, proteggere l’ambiente e promuovere la tecnologia. Ha promesso incentivi e sostegni di ogni genere a chi partecipa all’“operazione militare speciale”, sia al fronte che nell’industria bellica, e ha lanciato un apposito programma, “Tempo degli eroi”, per formare i veterani a incarichi dirigenziali nell’amministrazione pubblica, puntando a creare una nuova élite fatta di “lavoratori e guerrieri che hanno dimostrato la loro devozione alla Russia”.

Manifesti patriottici per invitare al voto sono stati affissi in tutto il Paese: il simbolo è quello della V che da due anni è anche l’emblema del sostegno all’invasione e lo slogan “Insieme siamo forti. Votiamo per la Russia!”. Le autorità organizzeranno anche lotterie e intrattenimenti di diverso genere per incoraggiare gli elettori a uscire e votare, in un Paese dove il disincanto nei confronti della politica, soprattutto tra i giovani, è elevato. Il Cremlino ha infine messo in guardia l’Occidente da tentativi di “ingerenza” nel voto, minacciando una “risposta severa”.

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