Storie Web sabato, Maggio 4
Notiziario

Se i fondi comuni di investimento arretrano nel portafoglio dei risparmiatori italiani, avanza la consulenza evoluta. Sempre però a piccoli passi e con riferimento quasi esclusivo alla clientela “private”, ovvero coloro che affidano agli intermediari cospicui patrimoni (soglia non sotto i 500 mila euro), spesso offerta e prestata in alternativa ai servizi di gestione patrimoniale. Questo servizio è ancora infatti un territorio poco esplorato anche per i clienti che hanno grandi disponibilità con modelli di servizio che ancora devono trovare una loro giusta collocazione.

Consulenza evoluta ancora per pochi

Stando ai dati resi noti da Aipb, l’associazione italiana private banking, la consulenza evoluta aveva alla fine del 2023 una penetrazione del 17% sulla clientela private. «Alla base del suo sviluppo lento – spiega Mauro Panebianco, partner di PwC e responsabile area private e wealth management – c’è un basso livello di conoscenza del servizio da parte degli investitori e una contrazione degli investimenti nel mercato dei capitali da parte degli stessi che risentono generalmente di un costo che erode in modo importante il ritorno degli investimenti, spesso non ritenuto giustificato».

Secondo Panebianco, però, guardando al futuro, sono diversi i fattori a favore di una potenziale crescita della consulenza evoluta. «Primi fra tutti l’incremento della ricchezza finanziaria delle famiglie italiane e la centralità della customer experience, insieme alla nuova ondata di digitalizzazione – dettaglia Panebianco – e poi la potenziale spinta regolamentare derivante dalla Retail Investment Strategy e dall’Open Finance che garantiranno una maggiore inclusione finanziaria della clientela retail».

COSTI E MODELLI SUI MERCATI

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La spinta da Fida

Nel 2025 dovrebbe arrivare la versione finale del regolamento europeo Fida (Financial Data Access) che prevede l’accesso regolamentato per tutti i servizi finanziari e la visibilità dei dati finanziari del cliente presso altri intermediari.

Il nuovo Regolamento europeo (Financial data Access), in discussione al Parlamento europeo, punta a promuovere un miglior accesso ai dati finanziari dei consumatori e delle aziende, spianando la strada a servizi innovativi attraverso l’aggregazione dei dati che devono essere messi a disposizione del richiedente con l’assenso del titolare. La sua portata è rivoluzionaria soprattutto nel mondo del private banking perché ad essere coinvolti sono i prodotti e servizi di risparmio e investimento. Tra le finalità c’è anche quella di migliorare il valore (qualità/prezzo) e la trasparenza dei servizi finanziari nel mercato Ue facendo leva sulla condivisione dei dati e, quindi, sulla competizione tra gli attori in gioco.

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