È stato il ministro delle Finanze che fece entrare la ricevuta fiscale nella vita quotidiana degli italiani, ma anche il riformatore dell’Eni e il professore che per oltre mezzo secolo ha formato generazioni di economisti. È morto nella sua Torino all’età d 90 anni Franco Reviglio: economista, politico, intellettuale socialista, tra i protagonisti silenziosi ma incisivi della finanza pubblica italiana del secondo Novecento. Franco Reviglio era un intellettuale rigoroso ed austero che credeva nella responsabilità civile prima ancora che nei conti pubblici.
«Se tutti pagano le tasse, le tasse si riducono», amava ripetere con quel tono calmo, ma inflessibile, che gli aveva guadagnato rispetto e diffidenza in egual misura nei palazzi romani. In un Paese dove l’evasione fiscale è sempre stata terreno minato, Reviglio rimarrà nella memoria collettiva come il «padre dello scontrino», colui che agli inizi degli anni Ottanta tentò di rendere la fiscalità una questione di equità sociale e non solo di burocrazia.
Nato a Torino il 3 febbraio 1935, discendente della famiglia dei conti di Lezzuolo e della Veneria, Franco Reviglio aveva respirato presto l’aria dell’impegno civile e dell’analisi razionale. Laureato in giurisprudenza all’Università di Torino, fu prima assistente volontario (dal 1964), poi professore ordinario (dal 1968) di Scienza delle finanze, cattedra che avrebbe mantenuto fino ai primi anni Duemila. Un percorso accademico costellato di pubblicazioni fondamentali per lo studio dell’economia pubblica – da «La finanza della sicurezza sociale» (Utet, 1969) a «La spesa pubblica. Conoscerla e riformarla» (Marsilio 2007) – e che lo avrebbe consacrato tra i principali interpreti italiani del pensiero economico riformista.