Una task force tecnica tra il ministero delle Imprese e del Made in Italy, il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e la Regione siciliana, che si occupi di raccogliere e analizzare i nuovi dati sulle emissioni del depuratore Ias di Priolo. Dati da fornire al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Siracusa e ottenere dunque il dissequestro e lo sblocco del depuratore che è utilizzato dalle grandi aziende dell’area industriale. E’ questo il punto fermo emerso dal tavolo tecnico convocato a Roma dal ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso dopo la decisione del tribunale del Riesame di Roma che ha confermato il divieto di prosecuzione dell’attività di conferimento al depuratore di Priolo Gargallo da parte delle industrie locali che era stato disposto dal Gip di Siracusa. Un blocco che mette a rischio la continuità produttiva dell’intera area industriale e il lavoro di migliaia di lavoratori.
Le nuove rilevazioni
«Recenti rilevazioni, condotte dai gestori dei singoli stabilimenti industriali e da Arapa Sicilia, indicherebbero un trend positivo sui valori dei reflui industriali» si legge in una nota del Mimit. La task force, spiegano ancora dal ministero, potrà fornire tutti gli elementi utili per sollecitare un nuovo pronunciamento del GIP di Siracusa, al fine di consentire la prosecuzione delle attività del depuratore Ias di Priolo Gargallo e il completamento degli interventi necessari per l’adeguamento degli impianti di trattamento delle acque entro i primi mesi del 2026.
L’appello del ministro Urso
Dal canto suo il ministro ribadisce: «Il governo e la Regione Siciliana hanno messo in campo ogni sforzo per salvaguardare il distretto chimico di Priolo, ma allo stato attuale solo il Gip di Siracusa, alla luce di nuove evidenze sulle emissioni che oggi risultano in netto miglioramento, può arrestare il processo di chiusura del depuratore – dice Urso -. Chiusura che comprometterebbe le attività di importanti aziende chimiche, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro e azzerando un’intera filiera industriale sul territorio siciliano. Confidiamo nella responsabilità e nel buon senso, soprattutto alla luce di elementi oggettivi che certificano la validità del percorso intrapreso». Nel corso dell’incontro, i grandi utenti dell’area industriale (Isab, Versalis, Sonatrach, Sasol e Consorzio Priolo Servizi) hanno tutti confermato la capacità di distaccare le proprie attività dal depuratore entro il 2026, avviando così le operazioni sui reflui in autonomia e in piena coerenza con il cronoprogramma determinato dal decreto interministeriale Mimit-Mase del 2023.
Nuovo monitoraggio affidato ad Arpa Sicilia
«Non siamo di fronte a una vertenza siciliana, ma a una problematica di portata nazionale. Siamo pienamente consapevoli, infatti, dell’importanza che l’attività delle aziende di quella zona riveste per l’industria e l’intera filiera della chimica italiana, sia in termini di livelli produttivi sia in termini di occupazione», ha detto ancora il ministro Urso. E il presidente della Regione siciliana Renato Schifani, presente alla riunione romana insieme all’assessore regionale all’Ambiente Giusy Savarino, ha voluto sottolineare: «È stata accolta la nostra proposta di istituire un tavolo tecnico-giuridico per affrontare in modo strutturato la questione delle emissioni nell’area industriale di Priolo. Arpa Sicilia sarà incaricata di effettuare un monitoraggio costante e puntuale dei valori emissivi, assicurando trasparenza e rigore scientifico- ha detto -. La Regione segue con la massima attenzione questa vicenda, con il duplice obiettivo di salvaguardare la continuità del polo industriale e garantire il rispetto delle normative ambientali».
La Cgil: «Non c’è alcun atto concreto»
Critica la Cgil per bocca del segretario confederale Pino Gesmundo e del segretario generale Filctem Marco Falcinelli: «Non c’è alcun atto concreto da parte del Governo, per accelerare le azioni utili a scongiurare fermi produttivi e a coniugare la tutela dell’ambiente con il diritto al lavoro di un’area fondamentale per la Sicilia e per il Paese – si legge in una nota -. La magistratura, ancora una volta, interviene a seguito dei ritardi della politica e delle imprese. Così restano soltanto le sentenze a decidere sulle politiche industriali, rischiando che siano i lavoratori gli unici a pagare il fermo produttivo. Stiamo aspettando infatti la pronuncia della Corte costituzionale che potrebbe arrivare non prima di sei mesi».