Storie Web venerdì, Marzo 21
Notiziario

Il presidente dell’Emilia-Romagna Michele De Pascale è preoccupato per i dazi del 200% minacciati da Trump sul vino, visto che l’Emilia-Romagna è tra le cinque Regioni italiane che esportano maggiormente negli Usa: “Il Lambrusco fa numeri eccezionali nel mercato americano. E se dovessero scattare i dazi annunciati da Trump, sulla nostra Regione ci sarebbe un impatto devastante”.

Il governatore dell’Emilia-Romagna Michele De Pascale, durante la sua campagna elettorale per le Regionali dello scorso novembre, in un’intervista a Fanpage.it aveva lanciato l’allarme sul rischio dazi sui prodotti dell’agroalimentare italiano, e in particolare sul Parmigiano Reggiano.

L’Emilia-Romagna è tra le cinque Regioni italiane che esportano maggiormente negli Stati Uniti (al secondo posto dopo la Lombardia, e poi seguono Toscana, Veneto, Piemonte): per la Regione guidata da De Pascale, se guardiamo ai primi nove mesi del 2024, gli Usa rappresentano il primo mercato di destinazione dell’export di beni, scavalcando per la prima volta la Germania, che ha rappresentato storicamente il primo partner commerciale per le imprese locali.

Tra gennaio e settembre 2024, secondo i dati di Istat-Coeweb, l’Emilia-Romagna ha esportato verso gli USA circa 8 miliardi di euro correnti di prodotti (pari al 12,7% dell’export regionale), un flusso in crescita rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+4,9% a valori correnti). In totale nel 2023 le esportazioni verso gli Usa sono state 10,4 miliardi di euro (mentre le importazioni sono state nello stesso anno 1,4 miliardi). Le esportazioni regionali verso gli Stati Uniti rappresentano il 16,5% dell’export italiano verso questo mercato. In pratica ogni mille euro esportati da tutto il mondo verso gli Stati Uniti, 3,0 euro provengono dall’Emilia-Romagna.

Con i dazi di Trump la crescita economica frena e l’inflazione aumenta: cosa rischia l’Italia

Nonostante gli appelli del governatore dem, in questi mesi il governo non si è mosso a tutela dei produttori, e nel frattempo l’amministrazione americana è passata dalle minacce ai fatti. Come ha confermato Bruxelles, dal 2 aprile gli Stati Uniti intendono imporre tariffe reciproche ai loro partner commerciali per ciò che considerano “commercio sleale e squilibrato”. Secondo il ragionamento di Trump, questo dovrebbe servire come base per ridefinire e ricostruire le relazioni commerciali degli Stati Uniti con il resto del mondo, compresa l’Europa e l’Italia. E solo a quel punto potrebbero iniziare eventuali negoziati. Ma cosa significa questo per i produttori e per i consumatori italiani?

I prodotti italiani più a rischio sono sicuramente quelli dell’agroalimentare – come il Pecorino romano, oli e aceti, e i Vini Dop con prezzi di fascia media – visto che nel 2024 il mercato americano ha rappresentato un valore di 7,8 miliardi di euro per cibo e vino italiani. E addirittura Donald Trump ha minacciato dazi del 200% sul vino. E lo stesso vale per l’Emilia-Romagna, dove l’agroalimentare è sicuramente il settore più esposto, ma non è l’unico.

L’export regionale verso gli Usa risulta concentrato per il 60% su due tipologie settoriali, ossia mezzi di trasporto (che valgono circa 2,5 miliardi di euro, ovvero quasi un terzo dell’export totale verso gli Usa) e macchinari ed apparecchi (che valgono 2,3 miliardi, pari al 28,9% del totale). Sempre secondo il rapporto Istat-Coeweb, l’anno scorso rispetto ai primi nove mesi del 2023, sono cresciute le esportazioni di articoli farmaceutici (+28,8%), prodotti alimentari, bevande e tabacco (+20,2%), di metalli di base e prodotti in metallo (+6,0%), gomma, materie plastiche e ceramica (+3,9%).

Il Rapporto sulla Competitività dei settori produttivi 2025 dell’Istat dice che “nel 2024 l’Italia è il quarto paese Ue più esposto sui mercati extra europei”, destinando quasi la metà del valore delle esportazioni al di fuori dell’Ue e il 10% negli Usa. Nel periodo 2019-2024 il mercato Usa ha continuato ad accrescere il proprio peso sulle esportazioni praticamente di tutti i settori manifatturieri italiani. Abbiamo chiesto al presidente della Regione Emilia-Romagna Michele De Pascale di commentare questi dati.

Quali sono i prodotti dell’Emilia-Romagna più a rischio?

Oltre all’agroalimentare c’è sicuramente la meccanica, non solo automotive, ma anche la meccatronica, i macchinari per il packaging, filiere meccaniche su cui siamo molto forti. Ci sono poi i medicinali e preparati farmaceutici, il settore della ceramica, che ha pagato un prezzo altissimo per via dell’aumento dei costi energetici legato all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, prodotti delle industrie lattiero-casearie, carne lavorata e conservata e prodotti a base di carne. E soprattutto la filiera del vino, visto che il Lambrusco fa numeri eccezionali nel mercato americano.

Per il Parmigiano Reggiano gli Stati Uniti sono il più grande mercato estero, con oltre 14.000 tonnellate esportate nel solo 2023 (+7,7% rispetto al 2022). Lei è preoccupato per questo prodotto?

Il Parmigiano Reggiano è stato proprio identificato da Trump come uno dei prodotti simbolo della guerra commerciale, visto che con gli Stati Uni abbiamo da anni tensioni a causa del Parmesan, simbolo della concorrenza sleale dei prodotti ‘Italian sounding’, cioè prodotti americani che si fingono italiani. Da tempo l’Emilia-Romagna è al lavoro proprio per contrastare questo fenomeno, per affermare il principio che il prodotto italiano va prodotto in Italia. Legittimo comprare un prodotto americano, ma il consumatore ha il diritto di sapere cosa sta acquistando. Invece ora prevediamo che aumenterà proprio la competitività dei prodotti Italian sounding.

Nello specifico, il Parmigiano Reggiano è un prodotto di altissimo mercato, si può difendere dalle politiche dei dazi di Trump. Ma un’altra industria, come quella del vino, rischia di essere spazzata via. Se dovessero scattare i dazi del 200% sul vino, sulla nostra Regione ci sarebbe un impatto devastante. Ciò che si muove nei settori del luxury è lievemente meno a rischio, perché si rivolge a un mercato dove il prezzo non è l’unica variabile. Invece tutto ciò che è di buona qualità, ma lavora su un segmento non luxury, cioè non è accessibile solo a pochi, potrebbe avere ripercussioni enormi.

Il governo dice ora che bisogna dialogare per evitare la guerra commerciale con Trump. Ma concretamente cosa bisogna fare?

Spero di aver correttamente interpretato quello che ha detto la presidente del Consiglio Meloni in Parlamento, sul fatto che dobbiamo mantenere un atteggiamento razionale davanti ai dazi, non dobbiamo reagire in maniera scomposta, dobbiamo reagire in maniera coordinata a livello europeo. Con i dazi reciproci creeremmo soltanto ulteriori danni ai nostri prodotti. Andrebbe fatto un lavoro energico, nella consapevolezza che una spirale dei dazi alla lunga ci penalizzerebbe.

Condivide quindi quello che ha detto il ministro Urso, cioè che la Commissione Europea, che ha il mandato dell’Unione per la politica commerciale, deve essere cauta per evitare che si inneschi un’escalation?

Spero non sia frutto di una sorta di piaggeria politica, per non scontentare Trump, ma che sia figlio di una strategia, con l’obiettivo di contrastare o ridurre i dazi.

Secondo lei con Trump bisogna trattare come Italia, cioè in modo bilaterale, o come Unione Europea?

No, il mercato è europeo, ed è l’unica dimensione di mercato in cui si può pensare di avere una discussione alla pari con gli Stati Uniti, per fare una negoziazione. Altrimenti il rischio è quello di ritrovarci a invocare pietà.

Meloni ha detto in Aula che ci sarebbero i margini per un accordo con Trump. Sarebbe possibile per esempio esentare alcuni prodotti, come il vino o il Parmigiano Reggiano?

Penso che la vera chiave sia la bilancia commerciale. L’Europa si deve sedere a trattare con gli Stati Uniti, in alcuni settori è assolutamente possibile aumentare l’interscambio tra i due mercati. In alcuni settori sarebbe possibile aumentare le importazioni. Ma, ripeto, questo può farlo solo l’Unione europea, non può farlo l’Italia da sola, visto che siamo un Paese esportatore, importiamo materie prime ed esportiamo prodotti finiti, è la nostra vocazione da migliaia di anni.

Dal 2 aprile gli Stati Uniti imporranno comunque tariffe reciproche ai loro partner commerciali. Cosa bisogna aspettarsi per i prossimi mesi?

Sono dinamiche che cambiano molto da prodotto a prodotto. Da un mese e mezzo giro per visitare le imprese esportatrici, e dentro la stessa tipologia merceologica ci possono essere impatti molto diversi. Come dicevo i prodotti che più preoccupano sono l’automotive, il Lambrusco, quei settori di qualità che lavorano sui grandi numeri.

Da un punto di vista politico il comportamento di Trump è inaccettabile, lesivo delle relazioni tra Usa e Ue, non solo dal punto di vista commerciale, ma anche strategico e geopolitico. I dazi arrivano dopo un periodo in cui le manifatture italiane e tedesche hanno pagato un prezzo altissimo, per via dell’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime, dopo tre anni di guerra in Ucraina, un prezzo che hanno pagato anche sull’altare del mantenimento delle buone relazioni tra Europa e Stati Uniti. È evidente che la nuova fase in cui stiamo entrando apre una frattura. Praticamente gli Stati Uniti ci stanno invitando a fare una trattativa con una pistola alla tempia.

Proprio in un’intervista a Fanpage.it a novembre lei aveva sottolineato le contraddizioni all’interno della Lega, che “da anni dice di voler difendere gli allevatori e i produttori, ma ora esulta per Trump, che come primo punto del programma propone i dazi, che potrebbero avere su di noi ripercussioni pesantissime”. Il governo secondo lei avrebbe dovuto avviare prima un’iniziativa diplomatica? 

Da un punto di vista geopolitico non condivido la timidezza italiana, mostra una difficoltà a distinguere tra piano politico e piano degli interessi strategici del Paese. Per intenderci, se questi dazi li avesse messi Biden probabilmente la reazione da parte del governo italiano sarebbe stata molto più dura. Dal punto di vista politico servirebbe un’Italia molto più muscolare. Sul piano commerciale invece la capacità in questo momento deve essere quella della de-escalation, bisogna saper ‘costringere’ gli Stati Uniti a una trattativa diversa, con razionalità, non con le reazioni immediate.

La lettura e l’attacco al Manifesto di Ventotene è stata da parte di Meloni una grande operazione di distrazione di massa, per distogliere l’attenzione dalle divisioni del governo sul riarmo e dai dazi?

Da un lato è stata sicuramente un’arma di distrazione di massa, ma quelle dichiarazioni ci fanno pagare comunque un prezzo molto elevato.

Cosa intende?

Il limite più grande che sta mostrando la presidente del Consiglio Meloni è l’incapacità di passare da leader di una parte a leader di un Paese e di una comunità nazionale. Nel giorno in cui Meloni faceva l’attacco frontale al Manifesto di Ventotene io ero a Bruxelles, e sulla porta d’ingresso del Parlamento Ue c’è scritto Altiero Spinelli. Nel momento di maggiore crisi dell’Unione europea la presidente del Consiglio dell’Italia attacca in Parlamento quello che in tutta Europa viene visto come il capostipite del sogno europeo. Magari a lei sarà servito per distrarre la politica italiana, ma è un messaggio devastante a livello internazionale. È come se Macron in questi giorni attaccasse De Gaulle.

Le linee sulla difesa e sul tema del piano ReArm Europe espresse da Meloni e da Schlein sono sì diverse, ma non proprio inconciliabili. Entrambe hanno mosso delle critiche al piano di Ursula von der Leyen, e ci sono punti di contatto sui fondi di coesione e sui dubbi riguardo alla creazione di nuovo debito nazionale. Ma alla fine, invece di valorizzare le parti in comune e unire il Paese, Meloni ha portato il Parlamento a uno scontro frontale. Per cui è stata compromessa la capacità di affermare la  posizione dell’Italia a livello europeo, in sede di Consiglio europeo. E gli italiani cosa ci hanno guadagnato? Anche Meloni è arrivata alla riunione con una posizione di debolezza, quando avrebbe potuto invece ricevere su alcuni punti un mandato forte e trasversale da parte del suo Parlamento.

Condividere.
© 2025 Mahalsa Italia. Tutti i diritti riservati.