La rigenerazione urbana marcia in Italia sulle gambe di 3.855 progetti che tutti insieme valgono 11,7 miliardi di finanziamenti già validati, 9,8 dei quali provenienti dalle casse del Pnrr. Sono i numeri messi insieme dalla Fondazione Ifel per la finanza locale, il centro studi dell’Anci che ha condotto anche uno studio qualitativo su 15 città italiane. I numeri parlano chiaro e raccontano di come le città, anche quelle piccole, si siano messe in moto per dotarsi di un’agenda urbana per ridisegnare le aree dismesse e consegnarle a nuova vita. Le coperture economiche tra Pnrr e fondi di altra provenienza, compresi quelli strutturali e i fondi Fsc, hanno fatto il resto, recuperando politiche urbane per anni dimenticate, senza una regia, senza gambe e visione. La grande sfida delle città, insomma, che secondo il rapporto Ifel è tutt’altro che sopita.
La radiografia di Ifel mette in fila anche l’entità dei progetti con un impatto del 68% delle risorse Pnrr su iniziative collocate in città con meno di 100mila abitanti. Lo scenario non è tutto rose e fiori, naturalmente. Ed è lo stesso report a metterlo in luce: «Rimangono comunque criticità nel rispettare le Milestone e i Target, soprattutto per le città medio/piccole dove sono presenti numerosi investimenti su queste misure», spiega Ifel. Che aggiunge come «le disposizioni del Piano non includono criteri di assegnazione basati su una lettura delle esigenze e le problematiche locali» visto che «nella Rigenerazione Urbana è considerato l’indice di vulnerabilità sociale e materiale (Ivsm), ma la coerenza tra quel dato e gli obiettivi progettuali non è verificata». Resta invece forte l’indicazione sullo svantaggio territoriale dal momento che «come nelle politiche di coesione, è presente la riserva del 40% per le regioni meno sviluppate (Mezzogiorno)».
La sfida è tutta qui, far marciare i progetti nonostante le criticità. «Non nascondiamo difficoltà ed ostacoli, la sfida è enorme – spiega il direttore di Fondazione Ifel Pierciro Galeone -. Ma il Pnrr sta già cambiando le nostre città. I comuni nel 2024 hanno sfiorato i 20 miliardi di euro di spesa per investimenti. È un record nominale storico. La “città pubblica” ferma da decenni ha ripreso vita». Nella top ten dei progetti Ifel rileva anche la pole position di Campania, Lombardia e Lazio con rispettivamente 759 milioni di euro, 554 milioni e 514 milioni dedicati ai progetti di rigenerazione urbana. In fondo alla classifica la Calabria con quasi 195 milioni preceduta dal’Emilia Romagna con 211 milioni circa.
Il rapporto Ifel accende un faro sulle risorse, individuando le tre leve finanziarie del Pnrr: gli interventi di rigenerazione urbana contenuti nella misura M5C212.1 con target i Comuni di almeno 15mila abitanti, 1,9 miliardi di finanziamenti e l’obiettivo di intervenire su aree pubbliche e strutture edilizie esistenti, decoro urbano e interventi per migliorare la qualità sociale e ambientale e la mobilità sostenibile. La misura M5C212.2 è quella dei cosiddetti Pui, acronimo piccolo per un progetto grande: costruire i piani urbani integrati nelle città. Qui il target, spiega Ifel, sono 14 città metropolitane e i finanziamenti ammontano a poco meno di un miliardo. Anche in questo caso gli obiettivi sono quelli di manutenere e riattivare aree e strutture pubbliche migliorando il decoro urbano. Infine la misura M5C212.3, il Pinqua, dedicato alle realtà superiori ai 60mila abitanti, 2,4 miliardi di euro di dotazione e con l’obiettivo di incrementare l’edilizia sociale residenziale.
A fianco della rilevazione quantitativa Ifel ha condotto un corposo studio qualitativo sui progetti più interessanti che animano le politiche di recupero urbano nelle principali città italiane. Un lavoro poderoso e dettagliato che ha messo in fila le iniziative più interessanti presenti oggi in Italia, dei veri e propri modelli di inclusione e di recupero di aree dismesse. Lo studio passa in rassegna i progetti di 15 città srotolando un filo rosso che da Nord a Sud parla la lingua della rigenerazione in chiave inclusiva, con una vocazione sociale fortissima delle iniziative locali. «Le città hanno capito che, pur in assenza di un’agenda urbana nazionale, è ora possibile mettere a sistema gli investimenti in progetti di qualità», spiega Francesco Monaco coordinatore dello studio.